lunedì 8 dicembre 2014

CHE SI SA? - JUAN GELMAN

Dal momento che siamo alla fine dell'anno, si tirano sempre le somme e si fanno i conti pensando a quello appena passato. 
E in questo contesto, non posso fare più far finta che Gelman scriva ancora poesia, come questa che - mi sembra - di aver tradotto subito dopo aver sentito della sua morte, quando ci si rifugia a rileggere le poesie conosciute ed amate di un poeta e cercarne altre, come se potessero costituire la loro ultima raccomandazione per noi (se avete una traduzione migliore, trascrivetela pure). 
Juan è deceduto nella casa dove ha vissuto dal 1988, nel quartiere Condesa di Città del Messico alle ore quattro e mezzo di martedì 14 gennaio, attorniato dai suoi familiari. Era affetto  da mielodisplasia, una disfunzione del midollo osseo.
Una delle ultime visite in Italia  è stata nel 2012 (qui sotto una foto della serata)  in occasione del Festival Parole Spalancate di Genova. Una giacchetta dimessa, uno sguardo perso quando Jean Portante riassumeva le vicende della sua famiglia e una spigliatezza di pronuncia del nostro italiano.  
Così voglio ricordarlo, con treni di andata e ritorno da Genova presi di lunedì, all'uscita dal lavoro e la mattina dopo, prestissimo, prima di tornare alla scrivania, con un pernottamento nelle vicinanze del Palazzo Ducale: cose che si fanno per incontrare un'amante, più che per ascoltare delle poesie. 
Il testo è una visione del poeta di cosa sia la poesia. Credo che tutti abbiano fatto i conti con questa domanda, sia che lo abbia spiegato ad un intervistatore (memorabile quella di Ungaretti), sia che lo abbia definito per se stesso.

 





CHE SI SA?


Della poesia, nulla. Arriva, trema,
e gratta un fiammifero spento.
S'è visto qualcosa? Nulla. Tende la
mano per afferrare
le increspature del tempo che passa
dalla voce d'un cardellino. Cosa
ha afferrato? Nulla.
L'uccello è fuggito al non detto
in una stanza che gira senza
ricordi né speranze.
Ci sono molti nomi nella pioggia.
Che ne sa la poesia? Nulla.



¿Qué se sabe?

Del poema, nada. Llega, tiembla
y raspa un fósforo apagado.
¿Se le ve algo ? Nada. Tiende una
mano para aferrar
las olitas del tiempo que pasan
por la voz de un jilguero. ¿Qué
agarró ? Nada. La
ave se fue a lo no sonado
en un cuarto que gira sin
recordación ni espérames.
Hay muchos nombres en la lluvia.
¿Qué sabe el poema ? Nada.

poesia tratta dal sito www.juangelman.net




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