martedì 30 dicembre 2014

GRAZIE PER LA PAROLA - ROBERTO CARIFI

Probabilmente vi sarà sfuggito un articolo interessante apparso su "Il Giornale" di domenica scorsa, a firma di Davide Brullo che esordisce con "Il caso di Roberto Carifi è un j'accuse sgranato in faccia ai poeti con l'alloro." e continua dicendo "... ha sempre  avuto una fortuna laterale, diversa, obliqua rispetto ai lirici pluristellati Maurizio Cucchi, Milo De Angelis, Valerio Magrelli, accomodati sul sofà della fama. [...] Pur con un parterre bibliografico importante, un pò tutti se ne fregano di Carifi, lo trattano con indecente pietà. Da dieci anni Carifi è corroso dall'ictus." 
Sapete quanto in passato sono stata scettica e critica con questa testata, anche se fondamentalmente è con l'autore del pezzo che me la sono presa (e non me ne pento minimamente: a certe persone dovrebbero togliere la licenza di scrivere). Questa volta invece ho trovato un equilibrio di esposizione, una corrispondenza di pensiero ed anche la risposta a un mio dubbio sul perché fosse stata sospesa la sua rubrica "Per Competenza" sulla rivista Poesia di Crocetti Editore. Ci sono molti modi di fare il poeta. C'è chi la poesia la fa e chi la scrive e, credetemi, non è la stessa cosa. Si può essere tecnicamente ineccepibili, ma produrre testi vuoti, flaccidi, senza sentimento oppure grammaticalmente incoerenti, pur trasmettendo molto. Sinceramente preferisco questi ultimi.
Con la convinzione di aver letto con Carifi un autore che fa ottima poesia, anche se non ho avuto modo di contattarlo direttamente, mi assumo la responsabilità di postare un suo testo, per dare il mio piccolo contributo alla diffusione della sua produzione poetica. In questo ultimo anno, per esempio è uscita una raccolta di poesie dal titolo Madre, della Casa Editrice Le lettere






Roberto Carifi nasce a Pistoia l’11 settembre 1948 da Licia Brunetti e Benito Carifi, in via dell’Ospizio, all’attuale numero 40, nella casa dello zio Luciano, fratello della madre. Questa è maestra elementare, mentre il padre, figlio di un sarto d’origine partenopee molto apprezzato in città, lascia la famiglia quando il piccolo ha tre anni per trasferirsi a Roma, dove, prima di trovare definitivo lavoro come arredatore cinematografico, si adatterà ad interpretare vari ruoli di comparsa in film di carattere storico.
L’abbandono della famiglia da parte del padre ed il risentimento della madre avranno risvolti sul carattere del giovane Roberto che proverà sempre un grande attaccamento alla figura materna, mentre nutrirà un contrastante sentimento di amore-odio per la figura del padre. Il tema dell’abbandono sarà tra quelli ricorrenti del futuro poeta. In questo senso vale anche per la figura paterna quello che varrà molti anni dopo per la scomparsa dell’amata madre: “anche se vecchio l’orfano / ha un pianto di bambino”.
Dai sei agli otto anni è con la madre a Cireglio, dove questa si è dovuta trasferire per l’insegnamento. Gli ultimi due anni delle scuole elementari Roberto la frequenta a Pistoia, alle ‘Stinche’. La madre ha infatti preso casa in affitto in Corso Gramsci, all’angolo di via dell’Ospizio, dove resterà sino ai primi anni Ottanta, allorché si trasferirà col figlio in via Fiorentina, al numero 6, sulla discesa del Ponte dell’Arca, direzione Firenze.
Sul finire delle scuole medie Roberto è colpito da una grave forma di labirintite, con febbre altissima; è a rischio di vita, tanto che viene chiamato un sacerdote per l’estrema unzione. Il padre, avvertito, fa una breve apparizione al capezzale del figlio, la prima delle uniche due dopo il suo abbandono della famiglia. Al ragazzo resterà della figura del padre l’immagine di una persona fredda. Nel 1962 Roberto frequenta in Corso Gramsci la prima classe del Ginnasio. A quel periodo risalgono le sue prime, ed ancore acerbe, composizioni poetiche. Alla fine della seconda classe del Ginnasio, pur avendo dimostrato particolare predisposizione per le materie letterarie, dovrà ripetere l’anno scolastico, così come la prima liceale, a causa della sua indisciplina, che si riflette anche sul profitto e dovuta all’insofferenza verso ogni autorità, comprensibile transfert psicologico del sentimento verso il padre assente.
Al Liceo Classico avrà come insegnante di Italiano, il professor Vasco Gaiffi, che riuscirà a fargli amare la letteratura.Nel 1972 si laurea con 110 e lode con la tesi Essere e apparenza in Jean-Jacques Rousseau, discussa col professor Paolo Rossi, restando poi in facoltà coadiuvando il professor Rossi nelle lezioni.
Nel 1982 conosce il poeta Piero Bigongiari, uno dei maggiori esponenti dell’ermetismo fiorentino, che influenzerà in parte la sua poetica. Si lega inoltre d’amicizia con i poeti Giuseppe Conte, Roberto Mussapi, Cesare Viviani, Tommaso Kemeny e Rosita Cipioli.
Il 10 settembre 2004, nel pieno della creatività e della progettualità, è colto da ictus. Il primo anno della malattia, costretto ad affrontare la cruda realtà della sua nuova condizione, colpito nel fisico e nello spirito, sballottato per mesi da un ospedale all’altro e sottoposto a continue terapie riabilitative della parola e della motorietà, non tenterà nemmeno di dettare i versi che pure gli urgono. Abbraccia incondizionalmente il pensiero buddista, al quale già si era avvicinato dopo la dolorosa scomparsa della madre. Vede rispecchiata la sua nuova condizione esistenziale nella filosofia dell’Illuminato per la quale vivere è soffrire: questo dolore non nasce solo dal nostro attaccamento alla vita ma anche dall’ostinazione a sopravvivere alla morte ed è solo uccidendo in noi questa ostinazione che possiamo pervenire alla pace interiore, al nirvana, cioè alla liberazione dal dolore. Ai temi dell’abbandono e dell’obbedienza, si affianca dunque, nella recente stagione della sua vita, quello apparentemente più duro eppure straordinariamente consolatorio dell’accettazione. È questa la fase in cui il personaggio aderisce più tragicamente alla sua opera, la fase in cui la parola, già da tempo fortemente provata nell’esprimere l’indicibile della perdita dell’affetto materno, è chiamata ora a tagliare la propria carne con impietose domande, a cercare la ragione di una fisicità non combaciante con l’interiore vitalità di cui quel corpo è crisalide.
Innumerevoli le pubblicazioni. Risiede a Pistoia.




GRAZIE PER LA PAROLA


Grazie per la parola
che ancora accendi nel mio cuore,
per quel raggio che dal bene
hai ricevuto in dono
e che nel mio abbandono
lasci che nasca
come fosse grano in un deserto,
per quella tua bellezza,
per l'orma divina del tuo sguardo,
per quella tua dolcezza che vorrei baciare
come se bacia l'innocenza,
inginocchiato davanti alla tua anima
quando una lieve ombra
la lascia affiorare sulla carne,
per quello che chiami il tuo peccato,
per il tremore che turba la tua voce
quando mi dici l'indicibile
e lasci l'impronta dell'amore
in questo cuore arato.


(in  D'improvviso e altre poesie scelte, Edizioni Via del Vento, Pistoia, 2006 e in Amore d’autunno, Guanda Editore, 1998)

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