domenica 20 novembre 2011

CATERINA CHE TORNA DAL BUIO - CRISTIANI SAVERIO

lunedì, 15 novembre 2010
CATERINA CHE TORNA DAL BUIO - CRISTIANI SAVERIO
 
Innanzitutto scusatemi per  questa mia assenza, vedrò di farmi perdonare con questo racconto.
Non sono poi molte le penne capaci di creare racconti intrisi di poesia come questo che inserisco oggi, anche se  devo dire che preferisco quelle sue storie che hanno una soluzione inaspettata, come quelle che vi ho già proposto.
Ed è a malincuore che riconosco che il livello dei suoi racconti supera quello delle sue poesie.






CATERINA CHE TORNA DAL BUIO

“Giocavamo con le parole, ricordi Caterina ?
Sotto ai pini nelle notti d’agosto tu fingevi di allontanarti, poi tornavi, sorridendo nel buio. Intravedevo il tuo volto alla luce bianca che dai lampioni lontani riusciva a perforare il muro di rami intorno a noi.
Dio com’eri bella quella sera, quando seduti sul muretto mezzo diroccato, un po’ fuori mano, parlammo di noi, e dell’universo; di come avremmo potuto cambiarlo con pochi gesti mirati, quasi fossimo maghi provetti; e di quanto invece la nostra giornata non riuscisse a riflettere nulla più che una timida speranza di vita davanti a tanto ignoto.
Ma il tuo sguardo parlava, anche nell’oscurità mi raccontava cose, prometteva mondi e colori e profumi mai nemmeno immaginati.
- come si chiama la tua ragazza ?
- non ce l’ho una ragazza
- ah, e come mai ?
- beh…
Ti avvicinasti a me, strisciando coi jeans sui vecchi mattoni, mi prendesti una mano e, guardandomi dritto negli occhi per vedere la mia reazione, la posasti piano sul tuo seno.
Io ero a disagio, avevo paura di rovinare tutto facendo qualcosa di sbagliato, forse addirittura smisi di respirare per un po’. Poi tu sollevasti la maglietta e mi sussurrasti:
- vuoi provare così?
Allora mi chinai verso i tuoi seni nudi e delicatamente li baciai a punta di labbra, come fossero cristallo. Le tue mani fecero da corona ai miei capelli, ed io rimasi a lungo così, abbracciato a te, col solo desiderio di sentirti fremere o di respirare all’unisono con te.
Ma avevamo appena iniziato a giocare, ancora non sapevamo che erano solo parole, e forse nemmeno quelle giuste.
Sai Caterina, io credo che tutte le storie d’amore, anche quelle sbagliate, inizino con un bacio.
Così fu per noi in quella sera d’agosto; e quel contatto segnò poi le mille scorribande che ci videro tante volte cadere per dopo rialzarsi ancora vivi, si, ma feriti.
Divenne prima pietra posata, fondamento e sostanza per tutto quel grande edificio che purtroppo non siamo stati in grado di costruire. Fummo pessimi muratori, vero? Troppo impegnati a vanificare la nostra arte in misere schermaglie da pezzenti.
Ci pensò il tempo a segnarci, benedicendo le buone intenzioni dei giovani amanti, ma nel contempo avvelenandoci sonni e lontananze col pensiero rivolto ad azioni che non avremmo mai compiuto.
Ora vedi, sono qui a parlarti, i capelli che accarezzasti sono in gran parte bianchi, e qualche brillante dottore ritiene che ora dovrei stare al caldo, per dar cura a nipoti e azalee allo stesso modo col quale mi dedico a te in questo momento.
Il tuo uomo, nella stanza accanto, parla coi figli una lingua che non conosco; ma quando mi ha chiamato dicendomi di te ho inteso bene; ho capito il suo tono che tanto somigliava ad una supplica. Ed eccomi qui, a cercare di farti uscire ancora una volta dal buio.
Sei sempre bella, sai, anche immobile tra le lenzuola asettiche di questo letto; e nel guardarti respirare in questo sonno ostinato mi chiedo come abbiamo fatto, per quale strano sortilegio siamo stati separati, perché i nostri cuori non hanno saputo battere con lo stesso identico ritmo che tanto facilmente avremmo potuto imparare.
Tornassi indietro ora, potesse qualche misteriosa magia trasportarmi a ritroso nel tempo su quel muretto, che pure ancora dovrà esistere, non ti sfiorerei più il seno. Ti prenderei il volto tra le mani e ti bacerei la fronte, poi ti farei nascondere nell’oscurità per provare a me stesso di essere in grado di ritrovarti. E se ci riuscissi allora si ti bacerei, e da lì avrebbe inizio veramente una bella storia da raccontare, non credi ?”

L’uomo tacque, osservando la donna stesa davanti a lui ed accarezzandole piano una mano. Poi, con un gesto improvviso si alzò, e chinandosi avvicinò la bocca all’orecchio di lei sussurrandole:
“sai, ancora non ce l’ho una ragazza…””
Mentre lui si rialzava, voltandosi verso la porta, un timido sorriso appena accennato parve illuminare il volto della donna; o forse fu solo lo scomparire di una nube passeggera a dar vita immaginaria a quel volto.
Poi, come ad un segnale convenuto chissà quanto tempo prima, in chissà quale universo, nello stesso momento in cui lui usciva dalla stanza, lei aprì gli occhi.


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