venerdì, 01 maggio 2009
Non è la prima volta che mi imbatto nei quadri di questo artista e tutte le volte che succede, mi sorprendo ad innamorarmene, salvo poi scoprire che ne è sempre lui l'autore.
A questo punto, ci voleva un approfondimento. Per me, principalmente, ma perchè non rendervene partecipi?
Perchè oggi non si parla di poesia.
Dunque, EDWARD HOPPER...
«Il mio scopo nel dipingere è sempre stata la più esatta trascrizione possibile della più intima impressione della natura.»
Frase attribuita ad Edward Hopper, pittore statunitense precisionista, famoso per aver risprodotto spaccati di vita americana contemporanea.
Sì, perchè Edward è un contemporaneo. Nacque nella cittadina di Nyack (contea di Rockland, stato di New York) il 22 luglio 1882 e morì a New York il 15 maggio 1967.
La sua famiglia è colta e borghese. Entrerà nel 1900 alla New York School of Art dove si troverà fianco a fianco con altri futuri protagonisti della scena artistica americana dei primi anni cinquanta.
Gli incontri fondamentali per la sua formazione e crescita saranno quelli con i tre insegnanti della scuola: William Chase, che lo esortò a studiare e a copiare ciò che osservava nei musei; Kenneth Miller, che gli istillò il gusto della pittura pulita e nitida, organizzata con una ordinata composizione spaziale e Robert Henri, che contribuì a liberare l’arte di quel periodo dal peso delle norme accademiche, offrendo così un attivo esempio al giovane Hopper.
Come molti ragazzi della borghesia americana, passò un periodo in Europa: Bruxelles, Londra, Berlino e Parigi, dove coltiverà e affinerà i l suo stile personale ed inconfondibile
Il successo lo ottenne con una mostra di acquerelli nel 1923 ed un'altra di quadri nel 1924 facendone il caposcuola dei realisti che dipingevano la “scena americana”.
Prediligeva immagini urbane o rurali, immerse in un silenzio, che comunicano allo spettatore un forte senso di estraniamento del soggetto e dell'ambiente in cui è immerso, ottenuto combinando a geometrie, un sofisticato gioco di luci, fredde, volutamente "artificiali" e un'estrema sintesi di dettagli.
La scena è quasi sempre deserta; nei suoi quadri raramente vi è più di una figura umana, e quando ve ne è più di una quello che emerge è l'estraneità dei soggetti e l'incomunicabilità che ne risulta, accentuando la solitudine.
(Ampi stralci tratti da Wikipdia, l'Enciclopedia Libera e liberamente sintetizzati)
"Nighthawks" (Nottambuli - olio su tela 1942)
"Morning sun" (Sole di mattina - 1952)
"Eleven A.M." (Le undici di mattina - 1926)
"City sunlight" (1954)
Edward Hopper
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