giovedì, 21 gennaio 2010
Giorgio Caproni si presenta da solo così:
Come si fa a parlare della propria vita....
Quand'ho detto che sono nato a Livorno il 7 gennaio 1912 e che dall'età di dieci anni fino alla maturità ho vissuto soprattutto a Genova (con la guerraccia di mezzo) per poi venire qui a Roma con la moglie e due figli, mi par d'aver detto tutto e nulla.
Una vita infatti o la si riassume nei dati anagrafici [....] o la si monta in un romanzo [....] o, come ho fatto io, si vive e zitti.
Non mi sono mai sognato di "fare lo scrittore" Pensavo di fare il violinista, questo sì era il mio ideale, "ciò che avrei voluto fare da grande". Invece, dopo aver strimpellato un pò... dovettii impiegarmi....
Penso che in questo scritto ci sia ben poco di genovese, di romano o di qualsiasi altra città in cui ha vissuto e che avrebbe potuto essergli rimasta appiccicata addosso.
Dopo aver letto queste parole, rimangano ben pochi dubbi sulla sua livornesità, quello spiritaccio che noi ci portiamo dietro. Ovunque ci porti il vento della vita ci aggrappiamo ad esso e più siamo lontani da "casa", più si fa acuto.
Forse dipende dalle nostre origini piratesche, da quell'accozzaglia di uomini e donne a cui fu concessa l'amnistia e la libertà di culto pur che fossero disposti a "stare, traficare, passare e abitare con le vostre
famiglie, o' senza esse partire, tornare, e' negotiare nella detta nostra Citta' e Porto di Livorno"
Dopo aver letto queste parole, rimangano ben pochi dubbi sulla sua livornesità, quello spiritaccio che noi ci portiamo dietro. Ovunque ci porti il vento della vita ci aggrappiamo ad esso e più siamo lontani da "casa", più si fa acuto.
Forse dipende dalle nostre origini piratesche, da quell'accozzaglia di uomini e donne a cui fu concessa l'amnistia e la libertà di culto pur che fossero disposti a "stare, traficare, passare e abitare con le vostre
famiglie, o' senza esse partire, tornare, e' negotiare nella detta nostra Citta' e Porto di Livorno"
Nasce il 7 Gennaio 1912 a Livorno. Il padre, Attilio, fa il ragioniere e la madre, Anna Picchi, la sarta.
Scopre la letteratura a soli sette anni, leggendo un’antologia dei Poeti delle Origini (i Siciliani, i Toscani) tra i libri del padre e ne rimane affascinato.
Nel periodo della Prima Guerra Mondiale si trasferisce insieme alla madre e al fratello, Pierfrancesco, più vecchio di lui di due anni, in casa di una parente, Italia Bagni, mentre il padre è richiamato alle armi. Sono anni duri, sia per motivi economici sia per le nefandezze della guerra, che lasciano un profondo solco nella sensibilità del piccolo Giorgio.
Finalmente, nel 1922, terminano le amarezze, prima con la nascita della sorellina Marcella, e, poi, con quello che sarà l’avvenimento più significativo nella vita di Giorgio Caproni: il trasferimento a Genova, che lui definirà “la mia vera città”.
Terminate le scuole medie, s’iscrive all’Istituto musicale “G. Verdi”, dove studia violino. A diciotto anni rinuncia definitivamente all’ambizione di diventare musicista e s’iscrive al Magistero di Torino, ma presto abbandona gli studi.
Inizia in quegli anni a scrivere i primi versi poetici, ma non soddisfatto del risultato ottenuto strappa i fogli gettando via tutto. E’ il periodo degli incontri con i nuovi poeti dell’epoca: Montale, Ungaretti, Barbaro. Rimane colpito dalle pagine di Ossi di seppia, al punto di affermare: “… saranno per sempre parte del mio essere.”
Nel 1931 decide, finalmente, d’inviare alcuni suoi componimenti poetici alla rivista genovese “Circolo”, ma il Direttore della testata, Adriano Grande, li rifiuta invitandolo alla pazienza, come a dire che la poesia non era adatta a lui.
La prima pubblicazione delle sue poesie, avviene due anni dopo, su due riviste letterarie.
Nel 1935 inizia ad insegnare nelle elementari, prima a Rovegno e poi ad Arenzano.
La morte della fidanzata, Olga Franzoni, per una setticemia nel 1936, dà lo spunto alla piccola raccolta poetica Come un’allegoria, pubblicata a Genova da Emiliano degli Orfini.
Nel 1938 si sposa e si trasferisce a Roma.
Dopo la nascita della sua primogenita, Silvana nel 1939, l'anno 1943 sarà molto importante per Caproni perché vede una sua opera pubblicata da un curatore di rilevanza nazionale. Infatti, Cronistoria vede le stampe presso Vallecchi di Firenze, all’epoca editore fra i più noti.
Nell’Ottobre del ’45 rientra a Roma, dove resterà fino al 1973 svolgendo l’attività di maestro elementare. Nella capitale conosce vari scrittori, tra cui Cassola, Fortini e Pratolini, ed ha rapporti con altri personaggi della cultura (Pasolini).
In quegli anni aderisce al Partito Socialista e nel 1948 partecipa a Varsavia al primo “Congresso mondiale degli intellettuali per la pace”.
Nel 1949 torna a Livorno alla ricerca della tomba dei nonni e riscopre l’amore per la sua città natia: “Scendo a Livorno e subito ne ho impressione rallegrante. Da quel momento amo la mia città, di cui non mi dicevo più…”
Intensa fu infatti anche la sua attività di traduttore di prosa e di poesia soprattutto dal francese.
Tradusse tra l'altro Il tempo ritrovato di Proust, I fiori del male di Baudelaire, Morte a credito di Celine, Bel-ami di Maupassant, e poi Genet e Apollinaire.
Vinse diversi premi letterari fin dalla pubblicazione delle Stanze della funicolare (premio Viareggio), ma il vero successo gli arrise solo nel 1975, con Il muro della terra (premio Gatto e premio Jean Malrieu E'tranger, per il miglior libro tradotto in francese), e successivamente con il Franco cacciatore, che vinse i premi Montale e Feltrinelli.
Giorgio Caproni ricevette nel 1984 la laurea honoris causa in Lettere e Filosofia presso l'Università di Urbino e, dall’allora sindaco di Livorno Alì Nannipieri, la “Livornina d’Oro”, massimo riconoscimento della nostra città.
L'anno successivo ebbe la cittadinanza onoraria di Genova, città che influenzò profondamente il suo spirito e la sua produzione poetica.
Morì il 22 Gennaio 1990 a Roma.
L'11 Febbraio 2009 Livorno ha voluto onorare Caproni dedicandogli la nuova piazzetta ricavata dalla ristrutturazione dello slargo di via Maggi, tra gli Scali degli Olandesi e via Cantini, di fronte all’istituto Niccolini-Palli.
Scopre la letteratura a soli sette anni, leggendo un’antologia dei Poeti delle Origini (i Siciliani, i Toscani) tra i libri del padre e ne rimane affascinato.
Nel periodo della Prima Guerra Mondiale si trasferisce insieme alla madre e al fratello, Pierfrancesco, più vecchio di lui di due anni, in casa di una parente, Italia Bagni, mentre il padre è richiamato alle armi. Sono anni duri, sia per motivi economici sia per le nefandezze della guerra, che lasciano un profondo solco nella sensibilità del piccolo Giorgio.
Finalmente, nel 1922, terminano le amarezze, prima con la nascita della sorellina Marcella, e, poi, con quello che sarà l’avvenimento più significativo nella vita di Giorgio Caproni: il trasferimento a Genova, che lui definirà “la mia vera città”.
Terminate le scuole medie, s’iscrive all’Istituto musicale “G. Verdi”, dove studia violino. A diciotto anni rinuncia definitivamente all’ambizione di diventare musicista e s’iscrive al Magistero di Torino, ma presto abbandona gli studi.
Inizia in quegli anni a scrivere i primi versi poetici, ma non soddisfatto del risultato ottenuto strappa i fogli gettando via tutto. E’ il periodo degli incontri con i nuovi poeti dell’epoca: Montale, Ungaretti, Barbaro. Rimane colpito dalle pagine di Ossi di seppia, al punto di affermare: “… saranno per sempre parte del mio essere.”
Nel 1931 decide, finalmente, d’inviare alcuni suoi componimenti poetici alla rivista genovese “Circolo”, ma il Direttore della testata, Adriano Grande, li rifiuta invitandolo alla pazienza, come a dire che la poesia non era adatta a lui.
La prima pubblicazione delle sue poesie, avviene due anni dopo, su due riviste letterarie.
Nel 1935 inizia ad insegnare nelle elementari, prima a Rovegno e poi ad Arenzano.
La morte della fidanzata, Olga Franzoni, per una setticemia nel 1936, dà lo spunto alla piccola raccolta poetica Come un’allegoria, pubblicata a Genova da Emiliano degli Orfini.
Nel 1938 si sposa e si trasferisce a Roma.
Dopo la nascita della sua primogenita, Silvana nel 1939, l'anno 1943 sarà molto importante per Caproni perché vede una sua opera pubblicata da un curatore di rilevanza nazionale. Infatti, Cronistoria vede le stampe presso Vallecchi di Firenze, all’epoca editore fra i più noti.
Nell’Ottobre del ’45 rientra a Roma, dove resterà fino al 1973 svolgendo l’attività di maestro elementare. Nella capitale conosce vari scrittori, tra cui Cassola, Fortini e Pratolini, ed ha rapporti con altri personaggi della cultura (Pasolini).
In quegli anni aderisce al Partito Socialista e nel 1948 partecipa a Varsavia al primo “Congresso mondiale degli intellettuali per la pace”.
Nel 1949 torna a Livorno alla ricerca della tomba dei nonni e riscopre l’amore per la sua città natia: “Scendo a Livorno e subito ne ho impressione rallegrante. Da quel momento amo la mia città, di cui non mi dicevo più…”
Intensa fu infatti anche la sua attività di traduttore di prosa e di poesia soprattutto dal francese.
Tradusse tra l'altro Il tempo ritrovato di Proust, I fiori del male di Baudelaire, Morte a credito di Celine, Bel-ami di Maupassant, e poi Genet e Apollinaire.
Vinse diversi premi letterari fin dalla pubblicazione delle Stanze della funicolare (premio Viareggio), ma il vero successo gli arrise solo nel 1975, con Il muro della terra (premio Gatto e premio Jean Malrieu E'tranger, per il miglior libro tradotto in francese), e successivamente con il Franco cacciatore, che vinse i premi Montale e Feltrinelli.
Giorgio Caproni ricevette nel 1984 la laurea honoris causa in Lettere e Filosofia presso l'Università di Urbino e, dall’allora sindaco di Livorno Alì Nannipieri, la “Livornina d’Oro”, massimo riconoscimento della nostra città.
L'anno successivo ebbe la cittadinanza onoraria di Genova, città che influenzò profondamente il suo spirito e la sua produzione poetica.
Morì il 22 Gennaio 1990 a Roma.
L'11 Febbraio 2009 Livorno ha voluto onorare Caproni dedicandogli la nuova piazzetta ricavata dalla ristrutturazione dello slargo di via Maggi, tra gli Scali degli Olandesi e via Cantini, di fronte all’istituto Niccolini-Palli.
Mani in preghiera - Albrecht Durer
Disegno realizzato con la tecnica della punta d'argento
PREGHIERA
Anima mia leggera,
va’ a Livorno, ti prego.
E con la tua candela
timida, di nottetempo
fa’ un giro; e, se n’hai il tempo,
perlustra e scruta, e scrivi
se per caso Anna Picchi
è ancora viva tra i vivi.
Proprio quest’oggi torno,
deluso, da Livorno.
Ma tu, tanto più netta
di me, la camicetta
ricorderai, e il rubino
di sangue, sul serpentino
d’oro che lei portava
sul petto, dove s’appannava.
Anima mia, sii brava
e va’ in cerca di lei.
Tu sai cosa darei
se la incontrassi per strada.
Leggi i vecchi commenti
Di lui ho amato moltissimo (e te la consiglio nel caso non la conoscessi) "Congedo del viaggiatore".
Un po' lontano dai miei gusti ma... so riconoscere un maestro.
Ciao, Bit
Si, è stata letta insieme a Preghiera e ad alcune altre, alla cerimonia per l'inaugurazione della Piazza Caproni, nel vicino Teatro Goldoni, alla presenza dei figli e delle autorità tutte da alcuni membri del Circolo culturale a cui appartengo e che gli è intitolato.
E' una poesia molto lunga, articolata, lontana anche dai miei gusti devo dire, e con le rime (!).
Ma è una stupenda metafora sulla fine della vita, affrontata con quella levità e quell'ironia con cui solo noi livornesi sappiamo affrontare ed esorcizzare qualsiasi avversità.
Ne ho trovato di simile nelle poesie della Szymborka Wislava, anche se gli manca quel quid....livornese.
Scusa il campanilismo....
NATACARLA |
Nella tua Livorno i tuoi figli gioiscano della loro mamma; TANTISSIMI AUGURI MAMMA CARLA!!!
RispondiEliminaGiuseppe
Grazie Caro Giuseppe.
RispondiEliminaauguri mamma !!!!!!!!!!!!!!
RispondiEliminaGRAZIE!!!!!!!!!!!!!!!!!!
Eliminati amo by anonima r
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