Moneta da 2 Euro dedicata al poeta, che avrà corso legale a partire dal prossimo 23 Aprile.
Questo anno ricorre (anche) un altro centenario, quello della morte di Giovanni Pascoli.
I ricordi di tutti, credo vadano alla sua poesia più famosa, quella più studiata a scuola, LA CAVALLA STORNA.
Lascio agli altri blogger e costruttori di siti, molto più competenti e critici, di raccontarvi la poetica dell'autore, il significato delle sue poesie, la metrica usata per la costruzione delle sue poesie.
Quello che volevo fare era rendergli omaggio con un post di una sua poesia che non conoscevo.
Spesso propongo e leggo senza proporvi perchè non ho avuto l'autorizzazione dall'autore, testi di autori stranieri, molti in lingua spagnola, apprezzandone la sonorità unita al significato, alla logicità del pensiero, la fluidità del verso.
E' opera loro, ma anche dei loro traduttori. Una nuova amica mi ha segnalato uno di questi, consentendomi di integrare il post, definendolo coautore.
Pensavo si riferisse a chi l'aveva tradotta, invece penso si riferisse proprio alla poesia. Quella straniera si scrive più di una volta: tante quante sono le lingue in cui viene tradotta. E' necassaria una mediazione di un poeta, più che di un traduttore e tuttavia tradurre non è la stessa cosa di ascoltarla nella lingua in cui è stata scritta e capirla istantaneamente.
Con Giovanni questo sforzo di cercare di capire, questa mediazione tra una lingua ed un'altra, a noi italiani ci è risparmiato, e per chi scrive poesie è necessario guardarsi alle spalle, leggere il passato della poesia, per poterne sviluppare una futura.
Ci potranno essere molte traduzioni di poesie straniere, ma una sola versione di quelle dei nostri poeti. Per questo dovremmo amarli e rispettarli di più.
Giovanni Pascoli nasce a San Mauro di Romagna il 31 dicembre del 1855. E' il quarto di dieci figli. Amato dai genitori, legatissimo alla madre, la sua prima infanzia è felice. Nel 1862 va a studiare nel collegio dei padri Scolopi a Urbino. Sulla sua famiglia cominciano ad abbattersi le prime sventure: il 10 agosto del 1867 il padre Ruggero, amministratore del principe Torlonia viene ucciso da una fucilata sparata da ignoti e la famiglia è costretta a lasciare la tenuta. A questo primo lutto in un breve giro di anni, ne seguirono altri, in una successione impressionante: nel 1868 morirono la madre e la sorella maggiore, Margherita di tifo, nel 71 il fratello Luigi a causa di una meningite, nel 76 Giacomo. Lutti precoci che lo segnano molto,
Iniziano inoltre le prime difficoltà di carattere economico. Nonostante le traversie (aveva perso la borsa di studio), prosegue gli studi a Firenze e Bologna dove si laurea nel 1882, allievo di Carducci. Conosce il carcere, a causa delle sue idee socialiste; trova un posto di insegnante nel liceo di Matera, grazie all'interessamento di Carducci stesso. Inizia quella carriera di insegnante, o meglio di "cavalier errante dell'insegnamento", di greco e latino che lo porterà prima a Matera, Massa e Livorno; suo obiettivo è quello di riunire attorno a sè i membri della famiglia.
L'anno seguente vince la prima delle sue medaglie d'oro al concorso di poesia latina di Amsterdam; parteciperà varie volte negli anni, vincendone in totale 13.
Dopo un breve soggiorno a Roma si trasferisce a Castelvecchio di Barga, piccolo comune toscano dove acquista una villetta e una vigna col ricavato della vendita di 5 delle monete d'oro vinte. Con lui vi è la sorella Maria - da lui affettuosamente chiamata Mariù - vera compagna della sua vita, considerato che Pascoli non si sposerà mai, autrice lei stessa di numerose poesie, anche se non all'altezza di quelle del fratello e che lo accudirà fino alla fine (vedi l'ultimo numero di Poesia, il numero 270 di questo aprile.
Insegna alle università di Messina, di Pisa, e nel 1905 avrà la prestigiosa cattedra di Letteratura italiana a Bologna, prendendo il posto lasciato da Giosuè Carducci.
Temperamento ipersensibile e malinconico, vive lunghi periodi di fastidi e di depressioni, che non gli impediscono di lavorare. Muore a Bologna di cancro il 6 aprile del 1912.
IL LAMPO
E cielo e terra si mostrò qual era:
la terra ansante, livida, in sussulto;
il cielo ingombro, tragico, disfatto:
bianca bianca nel tacito tumulto
una casa apparì sparì d'un tratto;
come un occhio, che, largo, esterrefatto,
s'aprì si chiuse, nella notte nera.
Per il calendario delle celebrazioni vedere il link Fondazione Giovanni Pascoli
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