Per chi scrive e lo fa con passione
ottenendo anche con un certo consenso di critica, non può non incontrare
i racconti ed i romanzi di Anne Tyler.
Io
li ho trovati nel solito opuscolo della serie "I libri della Domenica"
de Il sole 24 ore, "Moto ondoso stabile e altri racconti",
miracolosamente ancora nella mia edicola, nonostante sia passato tempo
dalla sua uscita. Racconti sulla banalità quotidiana dei silenzi che
corrono tra mogli e mariti, figli e genitori. Silenzi imbarazzanti a cui
Anne riesce a dare voce, strappando ai personaggi i loro pensieri più
veri. Strano dirlo di un racconto, vero? Eppure leggendo non si hanno
dubbi sulla realtà di Susan, di Mark oppure di Bet e Arnold o Lucy e
Arnold e Joel. Risuonano in qualche modo dentro di noi e dobbiamo confrontarci: con
loro e con quel modo di scrivere un pò distaccato, quasi da alieno con cui sono sorprendentemente modellati.
Dobbiamo, insomma rispondere alla domanda: "Che effetto farà essere soli come i morti?"
Chi ha curato queste uscite, ha fatto un lavoro davvero magnifico per scelte di autori e testi.
Inserisco
qualche stralcio per stuzzicare la vostra curiosità e rimandandovi al
libro da cui è tratto il racconto e di cui ho inserito la copertina più
sotto.
Solo una ultima annotazione personale.
Letteratura
e poesia non possono essere molto distanti tra loro, in un medesimo
periodo vogliamo dire storico? E' buffo parlare di storia, dal momento
che la stiamo vivendo e qualcuno la sta facendo, ma cerchiamo di avere una
visione elastica. Così come in epoche passate, i movimenti culturali
sono passati da tutte le varie forme artistiche: letteratura, poesia,
pittura, musica, così anche oggi non possiamo prescindere da leggere un
testo e non pensare a dove porta ed a noi, se nel nostro piccolo
scrivere percorriamo lo stesso cammino, magari arrancando e con la paura
di non arivare mai, o se al contrario ci siamo fermati a mezza strada,
in uno spiazzo confortevole, con una vista che ci rassicura. Niente di
sbagliato in nessuna delle due ipotesi: basta esserne consapevoli e
capire perchè ci siamo fermati proprio in quel punto.
Ma tornando a Anne ed alla sua scrittura,
alla solitudine che esprime, con quell'autoanalisi dei suoi personaggi
che, nonostante abbiano acquisito una loro consapevolezza, non riescono a
trovare un rimedio, non hanno "lì per lì" niente da dire.
Incomunicabilità, incomprensioni, conforto nel pensiero che "succederà
qualcosa", che non può continuare così per sempre, ma allo stesso tempo,
immobilismo. Sono i temi del momento in cui stiamo vivendo e la strada
da seguire è forse quella di essere i primi e feroci critici di noi stessi, nelle forme che riusciremo ad esprimere.
Anne Tyler è nata il 25 ottobre 1941 a Minneapolis, Minnesota ed è la maggiore di quattro figli.
Suo padre era un chimico e la madre un'assistente sociale. Ha trascorso
la sua infanzia in differenti comunità di quaccheri nelle montagne del
Nord Carolina. Frequentò la scuola solo a 11 anni, ricevendo una
istruzione diversa da quella tradizionale e questo le ha permesso di
osservare "il mondo normale con una certa quantità di distanza e di sorpresa ".
Si
è comunque laureata a 19 anni presso la Duke University, perfezionando i
propri studi di lingua e Letteratura Russa alla Columbia University di
New York. Ha lavorato quindi come bibliotecaria e bibliografa
prima di trasferirsi nel Maryland. Nel 1963 ha sposato lo scrittore
iraniano Taghi Mohammad Modarressi, scomparso nel 1997, con cui ha avuto
due figlie, Tezh e Mitra. Anne Tyler vive ora a Baltimora, città in cui
sono ambientati la maggior parte dei suoi racconti. Non concede
interviste personali anche se è disponibile ad interviste per e-mails e
non partecipa ad attività promozionali dei propri libri.
Ha ricevuto il Premio Pulitzer nel 1989, essendo già stata finalista nel 1986 e nel 1983.
"Come stai? Kayf halik? Kayf halik?"
Anche se sta parlando tra sé, in realtà guarda me, tanto che ho
l'impressione che voglia davvero sapere come sto. Questo è proprio uno
dei suoi lati positivi: si rivolge a tutti in modo molto personale. Il
suo sguardo immobile è puntato non sui miei occhi, ma sulla mia bocca,
come se si aspettasse una risposta. Mi sento timida e impacciata. Non
conosco una sola parola di arabo, non saprei nemmeno dire "bene" .
...
Io
dal canto mio non sono mai stata molto brava a esprimere i miei
sentimenti. Quando uscivamo insieme Mark cercava di tenere viva la
conversazione e lasciava delle pause nella speranza che dicessi
qualcosa, ma in genere restava deluso. Aveva sempre attenzioni per me a
cui non ero abituata. "Come mai hai gli occhi di un azzurro così
pallido? Devono essere i pensieri" diceva " Evidentemente i tuoi
pensieri sono più chiari e freschi degli altri." Cosa potevo rispondere?
Mi limitavo a tormentarmi le mani finchè lui le prendeva tra le sue per
calmarle.
...
Mio
padre è venuto ad aprire ed è rimasto a guardarci in silenzio con un
sorrisetto sulle labbra. Ogni volta che lo vedo mi sembra molto
invecchiato. Negli anni trascorsi dalla morte di mia madre si è
raggrinzito e incurvato come un libro che si accartoccia se lo metti a
seccare dopo averlo lasciato fuori in una notte di pioggia. Sulle guance
gli spuntavano quà e là ispidi peli bianchi. Aveva la camicia
abbottonata con spille di sicurezza, i pantaloni sformati sulle
ginocchia, e le bretelle penzoloni. Vedendo la sua pelle rosea e pulita
sotto i capelli bianchi mi è venuto da piangere. Però ho detto
soltanto: "Ciao, papà" e gli ho sfiorato la guancia con la mia. "Ti
trovo bene" ho aggiunto.
...
Ero
contenta di avere mio padre tutto per me, anche se in verità non
avevamo niente da dirci. Abbiamo parlato di oggetti. Macchine
soprattutto. Come sempre. Il trattore funzionava bene? Lo scaldabagno
avrebbe resistito per un altro anno? E poi, lui a me: la mia macchina
per scrivere era a posto o s'inceppava? La Toyota di Mark faceva
abbastanza chilometri con un serbatoio di carburante?
...
Niente
lo sorprendeva; sapeva che il resto del mondo faceva le cose in modo
diverso da lui. Gliel'aveva fatto notare mia madre; spesso, mentre
prendevano il caffè, gli rimproverava: "Alcuni, mio caro, si tuffano
allegramente nelle cose, altri immergono prima l'alluce per controllare
la temperatura: tu sei uno di questi" Usava sempre un linguaggio
figurato, anche durante le sue sfuriate più tremende; aveva studiato al
college, lei. "Tu misuri tutto col bilancino. Soppesi i sorrisi. Conti
le parole. Sei un uomo freddo, molto freddo."
Lei
invece si tuffava a capofitto, per tutta la vita non si limitò mai a
immergerne l'alluce. Si tuffava perfino nei nostri pensieri, e li
sconquassava e li devastava. Se avesse potuto infiltrarsi direttamente
nel nostro cervello l'avrebbe fatto, portandosi dietro grosse valigie
straripanti, e sacche colme di invidie, sospetti, rancori, estasi,
passioni e paure.
...
Però
quando partii per il college pianse. Venne da me mentre mangiavo un
budino, mi premette la testa sul petto come se lei fosse la figlia e io
la madre "Che effetto farà essere soli come i morti?" chiese. Aspettava
una risposta, non era una domanda retorica, ma lì per lì non mi venne in
mente nulla da dire. In stazione, salutandomi, mi raccomandò: "Susan,
tesoro! Dimentica i brutti momenti. Siamo state anche bene insieme, no?
Lo sai quanto ti voglio bene!"
...
Lui
è rimasto in quella posizione rigida. Un giorno, ho pensato, mio padre
morirà e la prima cosa che mi passerà per la testa sarà: "Eppure non gli
ho mai detto... non gli ho mai fatto sapere che..." ma lì per lì non mi
è venuto in mente nulla. Il silenzio si prolungava, e sentivamo
distintamente ogni volta che Mark, in salotto, voltava una pagina
dell'almanacco. Ho cominciato a temere che mi sarei lasciata sfuggire
qualcosa di tremendo, una paura che mi viene spesso quando mi sento
circondata dal silenzio. Allora mi sono messa a impilare i piatti
facendo un gran baccano.
...
[Mark]
Ha accanto le sue sorelle che chiacchierano e ridono, ma lui continua a
mormorare tra sè indisturbato. E' troppo concentrato a imparare una
nuova lingua. Alla luce gialla della lampada sembra dorato, come
racchiuso in una bolla di fortuna; io lo guardo e gli sorrido, ma la
bolla resta chiusa e sembra portarlo lontano. E vola via, sempre più
lontano, mi lascia indietro, e non riesco a farmi venire in mente niente
da dire che possa farlo tornare.
da Il bernoccolo delle lingue
bellissimo qui complimenti e molto interessante bravissima smak da Lina
RispondiEliminaGrazie Lina cara.
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