Quando lessi questo testo
circa cinque anni fa, ne rimasi colpita, così colpita da ricordarne titolo, contenuto e chiusa quasi integra, senza averne
fatta prima alcuna rilettura.
Però adesso dopo
migliaia (e non sto scherzando) di poesie con cui mi sono confrontata
e che hanno cambiato il mio modo di affrontare un testo, ne ho avuto
una emozione diversa. Se prima era “soltanto” una nuova pagina
di rara intimità, di complessità semplice, di tenerezza e
malinconia, adesso oltre a confermare quella mia impressione
istintiva, la credo una ottima poesia con i suoi verbi all'infinito
della prima strofa, quella che deve fare da pretesto al suo cuore e che sospetto scritta in una fase successiva, per quella ironia
che se pure propria di Riccardo, non trova altri riscontri nel resto del
testo.
Si parte quindi dalla
staticità dell'infinito (leggere, suicidare, contare) per passare
all'azione imperfetta dei ricordi (dipingere, ascoltare, cogliere,
immaginare) per finire ad un presente vigile, con una decisione già presa, del distico finale.
Non ci sono asperità
nella lettura, nessun ostacolo di comprensione del testo; è tutto
smussato o più probabilmente l'ambiguità del verso non appartiene
al suo autore. E pensando a Bobin (Di
solito diamo delle cose a coloro che amiamo./ Parole, riposo,
piacere.), mi piace interpretare quel colorare “di blu le tue
ossessioni”, “di rosso il mare”, “di giallo i tuoi ritorni”,
come voler donare serenità, passionalità e speranza.
UNA RUGA NUOVA
Di notte sulla neve, a luna piena,
puoi leggere il giornale o suicidarti.
Puoi contare le rughe che hai nel cuore
e rifarti il passato con la crema,
due uova e zabaione.
Dipingendo infanzie e nuvolaglie
coloravo di blu le tue ossessioni
di rosso il mare e ancora di giallo
i tuoi ritorni
ascoltando con cura i tuoi silenzi
i tuoi occhi smarriti senza sonno
filmavo le tue ansie e poi le ripassavo
come facevo a scuola col latino
coglievo la tua lacrima sul ciglio
prima che uscisse
scorrendo le tue email di mesi prima
immaginavo fossero di ieri
facendo il bagno nella tua poesia
speravo fosse scritta ora o mai
bevevo i tuoi tormenti e ne facevo
bianco aperitivo.
E’ tornata mia madre. Lei mi ha chiesto
cosa fosse la ruga che ho nel viso.
Le ho risposto che l’avevo già prima
e che ci tengo.
puoi leggere il giornale o suicidarti.
Puoi contare le rughe che hai nel cuore
e rifarti il passato con la crema,
due uova e zabaione.
Dipingendo infanzie e nuvolaglie
coloravo di blu le tue ossessioni
di rosso il mare e ancora di giallo
i tuoi ritorni
ascoltando con cura i tuoi silenzi
i tuoi occhi smarriti senza sonno
filmavo le tue ansie e poi le ripassavo
come facevo a scuola col latino
coglievo la tua lacrima sul ciglio
prima che uscisse
scorrendo le tue email di mesi prima
immaginavo fossero di ieri
facendo il bagno nella tua poesia
speravo fosse scritta ora o mai
bevevo i tuoi tormenti e ne facevo
bianco aperitivo.
E’ tornata mia madre. Lei mi ha chiesto
cosa fosse la ruga che ho nel viso.
Le ho risposto che l’avevo già prima
e che ci tengo.
Questa non la conoscevo. E' veramente bella, di quelle che amo istintivamente. C'è il "pathos" che soltanto un languore sincero riesce a rendere unica l'universalità delle parole usate. Figlie dell'istinto più che della ragione; così come io amo in poesia. (Gianni Grillo)
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