Ci aspetteremmo quasi che arrivasse quella piccola "donna laboriosa" che in Debravo riesce a lenire quel dolore che affligge il poeta ma la differenza di vita e d'età, qui non lascia nessuno spazio alla speranza: il vuoto della stanza ormai odia chi se l'è lasciato dietro.
Una poesia forte con uso di vocaboli altrettanto forti (odio, esige, infamia, rattrappito, sbavano) tranne nell'ultima sestina. Qui il dire del poeta di fa dolce.
Vladimir Holan nasce il 16 settembre
1905 nella città di Praga al tempo della guerra russo-giapponese.
Sua madre lo battezza con un nome di simpatia per la Russia:
Vladimir. Imparerà a odiere i russi ed il suo
nome.
Trascorse la sua infanzia in un piccolo
villaggio, Padolì, nella Boemia centrale. E' un percorso che deve fare
tutti i giorni per andare a scuola che passa attraverso un bosco, un
lago calmo e misterioso, un castello spettrale: senza dubbio
lascia il segno su un bambino. Frequenta la scuola superiore a
Praga, poi lavora come assicuratore per sette anni, come redattore
della rivista Zivot (Life), fino al 1933. Nel 1939 si dedicherà
interamente alla letteratura nella redazione della rivista PROGRAMMA
90, dove resta per un anno. Dopo il 1945 si esclude dalla vita
letteraria del paese. E' accusato di praticare un “formalismo
decadente”, così Holan si chiude in casa da dove esce solo in
casi eccezionali, ma sfrutta in modo costruttivo quegli
anni continuando il suo dialogo con il mondo e l'uomo, quale sia.
E' considerato il più importante poeta
ceco e tuttavia straniero nel suo stesso paese, vegeterà nel caos
degli anni del dopoguerra, sopravvive scrivendo traduzioni e
inghiottendo l'umiliazione nel silenzio dei suoi versi. Ma a poco a
poco le sue cerchie si allargano, perché difficilmente si può
tenere segregata una tale parola. Nel 1967 viene tradotto per la
prima volta in Francia da Dominique Grandmont ed ottiene una
immediata venerazione, che travolge gli ostacoli della critica. I suoi lettori sono come frequentatori
di catacombe, i suoi scritti sono come testi sacri e segreti da
diffondere. I tragici eventi della primavera di
Praga del 1968 lo rendono un poeta nazionale, una voce della
resistenza all'oppressione. Allora i suoi libri vengono letti
avidamente, ma è troppo tardi per Holan, che non ambiva più alla
gloria e quando si parlò di lui per un possibile premio Nobel, era
chiuso in un silenzio ancora più profondo, rinunciatario a sperare.
Subì sia il nazismo nero che il
comunismo rosso. Odia visceralmente tutte le ideologie. Per lui la
conoscenza non esiste, si vive nell'illusione. Su di lui graverà la perdita della figlia
Katerina, purtroppo affetta dalla sindrome di Down, nell'aprile del 1977. Holan ne sarà così devastato da
coprire anche la morte della nazione ceca abbandonata ai sovietici
dagli occidentali. Morì il 31 marzo 1980 dopo una lunga
malattia che gli impediva qualsiasi movimento.
IN CUCINA
Manchi da quasi un anno… Entrare ti faceva paura…
E quando lo hai fatto, il vuoto un tempo implorante,
poi disdegnato, sùbito ti ha preso in odio
e con ostinazione esige che tu sconti
la tua presenza con la tua presenza…
Qui tutto va a tua infamia:
il linoleum, le fascine per accendere il fuoco, la mosca rinsecchita,
la muffa del pane, l’aceto forte delle crepe
e l’acetosella delle macchie e la concia del tempo rattrappito
e le ragnatele che sbavano dai roccoli degli angoli
e giù giù il silenzio, dove brilla
solo nel fondo, proprio lì, la luna…
Ma in mezzo a tutte queste cose (con crudele
certezza, con la più comune e dunque più segreta
e come perpetua certezza) scorgi all’improvviso
una tazza da caffè con tracce di rossetto
dove per l’ultima volta, posandosi, si strinsero
le labbra di chi ti ha lasciato…
da “In progresso”, 1964, in “Poesia due”, Guanda Editore, 1981
(Traduzione di Serena Vitale)
V KUCHYNI
Nebyls tu málem rok... Bál ses sem vstoupit..
A jen jsi tak udělal, prázdnota kdysi žadonící
a potom zhrzená zanevřela teď na tebe
a svéhlavě se dožaduje, abys odpykával
svou přítomnost svou přítomností...
Všechno je tady k tvému pohanění:
linoleum, třísky na podpal, vyprahlá moucha,
chlebová plíseň, zabřesklý ocet trhlin
a šťavel skvrn a tříslo staženého vzduchu
a z čihadla koutů prskající pavučiny
a docela vespod ticho, zrovna tam,
kam svítí měsíc jenom ve dne...
Však mezi těmi věcmi spatříš náhle
(s krutou, nejvšednější, a tedy nejtajemnější
a jakoby doživotní určitostí)
kávový šálek a na něm stopy po líčidle,
kde přitiskly se kdysi naposled
rty té, která tě opustila...
complimenti per il blog! e intensa la poesia grazie
RispondiEliminaGrazie Alessia per i complimenti. Ripassa....
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