Francesco Paolo Ferrotti torna in
libreria con una nuova raccolta di poesie, SOL INVICTUS (Mohicani Edizioni, 2015), dal consueto verso
corto, accompagnato dalla sua musa Cora. Questa raccolta non si
discosta molto dalla precedente, di cui potrebbe essere la
continuazione e non potrebbe essere diversamente, dato il poco tempo
intercorso tra questa e la pubblicazione dei suoi
LUMI D'AGOSTO.
Anche qui è presente uno scenario di mare, da
cui il poeta si guarda intorno, tra gli ultimi raggi del sole o
quelli della luna, a desiderare, celebrare o aspettare l'estate, tra
canti d'allodola e “miti farfalle”, tra tempeste, onde gonfie, “segreti di lucci, / di reti e lampare".
Non a caso la raccolta si apre con una
citazione di Thoreau, “bisogna mantenere un piccolo pezzo
d'estate anche nel mezzo dell'inverno” e chiude con i versi di
Blake “Se il sole e la luna dovessero dubitare, subito si
spegnerebbero”.
La Rota
è una delle poesie che, a mio avviso, rappresenta meglio il volume, sia
per contenuto che per il suo andamento lento da sentire quasi lo
scandire dei silenzi forzare i tempi del verso. Ma quanto a musicalità
Ferrotti ci ha abituato bene.
Beato Angelico, Allegoria della
"Ruota mistica" nella visione di Ezechiele - Museo San
Marco, Firenze.
LA ROTA
Corre l'autunno,
e l'inverno poi lento
trascorre:
a contare le foglie,
a sfogliare le pagine
morte, serbando
le provvide scorte
nell'ombra.
E il lume si spegne,
il pendolo suona;
sogna il bambino,
e nel sonno profondo
riscende battente
la pioggia.
Ma quando le ore
ritornano corte,
d'incanto un mattino
s'allenta la morsa:
la rota del Tempo
riprende la corsa...
E già di nascosto
s'affretta l'estate...
ché un'altra stagione
nel buio è trascorsa.
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