mercoledì 30 novembre 2011

LA POESIA E' DAPPERTUTTO








Una gradevolissima serata, quella di ieri all'Istituto Cervantes di Roma.
Innanzi tutto per la formula con cui è stata condotta: due autori che si presentano a vicenda. Uno scrittore che non legge poesia ed un poeta che non legge romanzi, ma comunque due amici che hanno superato la propria diffidenza verso la forma letteraria dell'altro e vi hanno trovato contenuti a loro vicini. 
La poesia è dappertutto. Entrambi i libri nascono su questo presupposto.
Abbiamo ascoltato aneddoti sull'origine del titolo di Matteo, su quello di una delle braci di Juan e citazioni di altri autori di cui farò tesoro.
Anche Matteo ha avuto la sensazione che le braci del libro non fossero slegate l'una dall'altra o casuali e questo mi ha fatto molto piacere, dal momento che quando uscì il libro ed ebbi modo di leggerlo, anch'io tentai e trovai delle “costruzioni” di intere poesie. (vedere QUI)
Sono stati toccati molti argomenti. Uno di questi è stato quello della Tauromachia, argomento caro a Juan, ma per cui è un po' riservato e che invece è alla base del libro di Matteo; particolarmente interessante il parallelismo usato da Juan per illustrare come la maniera di affrontare il toro nell'arena sia simile a quello di affrontare la vita. L'uomo, la luce ed il bene; il toro, l'ombra ed il male.
Altro argomento trattato è stato quello dei concorsi di poesia, su quanti siano i concorsi a cui si partecipa e quanti di questi producono un, beh, chiamiamolo “risultato utile” ed ancora: ricevere un premio per un proprio elaborato, poesia singola o libro edito, che per il suo autore rappresenta spessissimo la sintesi di un percorso sofferto, elaborato e trascritto, cosa rappresenta per lui, che è stato bravo a soffrire?
E' una perplessità legittima che è all'origine del mio risentimento verso quei giudizi-sentenza sommari di “bella poesia” o “brava”.
Non c'è bravura nel vivere una emozione: capita.
Però si può parlare di abilità, di maestria nel trasformare quella emozione in versi che di secolo in secolo, di corrente letteraria in corrente letteraria, di poeta in poeta si è andata modificando nel modo di proporla, nello stile, proprio perchè ogni persona è unica nel vivere le proprie emozioni o, come dice Juan, “siamo isole”.
Io credo che quello che spinge un poeta a scrivere una poesia sia la stessa molla che lo porta a farla leggere ad altri, riceverne ed accettarne il giudizio è tanto più gradito, appagante ed illuminante, quanto più complesso ed articolato. Molto meglio leggere cosa pensano di te da vivo, piuttosto di essere incensati da morti, come capita a moltissimi autori.
Detto questo, dal momento che ieri, come spesso mi succede, non sono stata capace di proporlo direttamente, raccolgo qui quello che avevo riassunto dopo una rilettura del libro di Juan. 
Mi scuso per la carenza di notizie sul libro di Matteo, che non ho letto, non ancora almeno.

Nel complesso il libro di Juan ci rende tre cose principalmente.
Una sensazione di estraneità nei confronti di luoghi e di sé stesso:

- Siamo parole che pronuncia chi?
- Ho inghiottito acqua di mare. Ho sentito secoli di sete smarrita e sola nella gola.
- Leggo guide di me

e di un contemporaneo stupore

- Collezionavo ragnatele

- Ti ho ricevuto in eredità dal cielo (sospetto un taglio da “Non so chi sei ma ti sto cercando”)

e una timidezza che avvolge di pudore molte braci

- I muri dicono: vattene. Ma le nuvole: Dove?

- Io non ha importanza


Domanda per entrambi:
Sentire parlare delle proprie parole, sia che siano strutturate in prosa piuttosto che in poesia o in aforismi, come nel caso del libro di Juan, è una esperienza sempre diversa. Delle vostre prefazioni e di quanto detto in questa serata, cosa vi ha colpito ed emozionato di più; con quale frase, gesto, simbolo etichetterete il ricordo di questa serata?


7 commenti:

  1. Benvenuta Carla su blogspot. non sapevo di questo problema di SPlinder e della prossima chiusura di tale piattaforma. Ma vedrai, ti troverai altrettanto bene qui.
    Cosa mi hai colpito di questa serata? La presentazione vicendevole, dove nessuno era un appassionato del genere dell'altro, ma entrambi appassionati ai contenuti, capaci di vivere un'amicizia non sulla forma bensì nella sostanza.
    Non conosce ahimé i due autori, ma un po' l'autrice del post e la frase che più mi ha colpito è: "Non c'è bravura nel vivere un'emozione: capita!"
    A volte si può provare a farle capitare...ad esempio venendo a leggere Carla!
    un grande abbraccio... immagino che non deve essere stato facile vivere questo trasloco, ma qui ti vedo anche in maggiore spazio, sarai felice!!

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  2. Grazie Rita: si lo sono felice, nonostante la fatica (e non è ancora finita!!).
    Splinder ha dato le sue istruzioni di salvataggio e trasferimento, ma non sono stata capace di farle funzionare. Forse perchè in molti ci stavano provando, non so...
    La serata è stata molto divertente ed istruttiva.
    Leggere un poeta, tuffarsi nelle sue parole, è già conoscerlo un pò. Vederlo nella realtà è la prova del fuoco, verificare se l'idea che ti sei fatta è reale ma anche se il poeta è vero e reale in quello che scrive. Tu sai che scrivendo ci si può abbellire; basta un pò di tecnica, qualche libretto di istruzioni acquisibile persino nelle edicole ed eccoci immensi. Ma la riprova di quel che siamo è nella semplicità dei gesti e nella densità che se ne intravede dietro.
    La mia impressione su questo è più che positiva. Anche se non ho avuto modo di leggere - e quindi di conoscere - Matteo, ho avuto modo di osservarlo nei suoi rossori che accompagnavano le verità che gli uscivano dalla bocca. Credo che valga la pena di leggerlo e, contrariamente ai libri di Juan, non dovrebbe essere neppure troppo difficile trovarlo in una libreria ben fornita, oltre a che su Internet.
    A proposito della serata, considerando che (come mi hanno detto) certi versi ritornano, ti aggiungo un paio dei miei, scritti in altri momenti, per altre occasioni.

    ....
    Parlami piano
    così che possa notare tutto,
    marchiarne a fuoco il ricordo
    e segretamente ridere di me,
    dell'aria stupita e stupida
    che ti mostro.
    ....

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  3. Ciao, Carla, ero seduto accanto a te, anche se hai finto di non vedermi...
    Della serata mi è rimasto soprattutto in mente la frase " Il toro non sbaglia mai, è il torero che sbaglia": il toro è lì dove deve essere, fa quello che deve fare, vive come deve vivere, muore come deve morire. Del torero non si può dire lo stesso: una volta sarà troppo vicino al toro, oppure lontano, troppo a destra, troppo a sinistra, in anticipo, in ritardo.
    Il torero, o noi che è lo stesso, avrà paura e riuscirà a vincerla, o forse no, o non avrà paura e questo lo perderà, perchè a volte la paura serve, eccome. Non troppa però.
    Comunque sia, se il toro o la vita non sbagliano mai, dobbiamo rassegnarci: siamo noi toreri che sbagliamo.

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  4. Jago, quando ascolto qualcuno parlare di poesia, non esiste niente altro che la persona che parla.
    Ammetterai, hai già ammesso, che la serata è stata divertente (detto tra noi, molto meglio di quella così formale ed "ingessata" di Mark Strand, la seconda almeno).

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  5. Mi sarebbe piaciuto esserci...
    Sarà comunque interessante leggere questa nuova opera di Piqueras...mi piace molto la sua lirica, così diretta e intensa...

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  6. Linda, se Juan facesse una nuova presentazione in Italia, ti avviserò. Sarebbe anche una bella occasione di raduno tra blogger amici ed amanti della poesia.

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