lunedì, 17 novembre 2008
LA FORZA CHE NELLO STELO SPINGE IL FIORE - DYLAN THOMAS
Un'altra bellissima poesia di un autore a me sconosciuto.
Chi era Dylan Thomas?
Un poeta, ovviamente, ma anche un drammaturgo, un saggista e sceneggiatore.
Nasce nel 1914 a Swansea, Inghilterra, ed inizia a scrivere poesie già da bambino, pubblicando le prime già all'età di 11 anni.
Le sua prima raccolta suscita scalpore per i temi trattati: morte, natura amore e sesso visto come corruzione della carne.
Grande poeta, dalla vita dissoluta che lo porterà sull'orlo della povertà, ma che non fu mai abbandonato dalla sua famiglia.
Igor Stravinsky gli commissionò un libretto per un'opera lirica che però non completò mai.
Il 19 ottobre 1953 si reca negli Stati Uniti per la quarta volta, in occasione di un ciclo di conferenze sulla poesia. Il 5 di Novembre, dopo aver bevuto 18 whisky, ha un attacco di delirium tremens che lo porterà, dopo cinque giorni di coma, alla morte.
L'anno successivo Stravinsky compone il pezzo "In memoriam Dylan Thomas".
Nel 1962 Robert Allen Zimmerman cambia il suo nome in Bob Dylan, ispirandosi a Dylan Thomas.
Nel 1986 Tiziano Sclavi battezza un suo personaggio dei fumetti Dylan Dog in suo ricordo.
(Informazioni tratte da Wikipedia, l'Enciclopedia Libera)
Questo per farvi capire quale poeta andiamo a leggere.
Grata a Diego per avermelo presentato e per la sua traduzione dei versi.
LA FORZA CHE NELLO STELO SPINGE IL FIORE
La forza che nello stelo spinge il fiore,
spinge la mia giovane età; la stessa che dilania le radici degli alberi
è la mia distruttrice.
E sono muto a dire alla rosa avvizzita
che la mia giovinezza è piegata dall’identica febbre invernale.
La forza che guida l’acqua tra le rocce
governa il mio sangue; quella che aspira le correnti alle foci
trasforma le mie in cera.
E sono muto a gridare alle mie vene
che alla fonte montana succhia la stessa bocca.
La mano che agita l’acqua nella pozza
Smuove sabbie mobili; quella che imbriglia i burrascosi venti
pure il mio sudario, regge.
E sono muto a dire all’impiccato
quanto del mio essere vi è nel boia che lo impicca.
Le labbra del tempo leccano il punto in cui la fonte sgorga;
l’amore goccia e coagula, ma il sangue che crolla
calmerà le ferite di lei.
E sono muto a dire al vento dell’inverno
come il tempo abbia scandito un cielo intorno agli astri.
E sono muto a dire alla tomba dell’innamorato
come verso il mio lenzuolo strisci lo stesso raggrinzito verme.
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Grazie Bit.
Della visita e della dritta.
Un abbraccio, posso?
Carla
NATACARLA |
Se riesci a trovarlo leggi "Lettere a Vernon Watkins" e scoprirai la sua vita.
Ciao, Bit