La poesia non è parole, né un’azione
che culmini in fatti, ed è una difficile cosa
E tu non puoi misurarla se non con la tua propria misura
Ed è la tua patria, promessa oppure no.
che culmini in fatti, ed è una difficile cosa
E tu non puoi misurarla se non con la tua propria misura
Ed è la tua patria, promessa oppure no.
.........................
(Nathan Zach)
Qualcosa nelle parole di Nathan Zach qui sopra, mi hanno reso la misura
della poesia. Molto spesso si scrivono poesie con le parole, cioè
raccontando il come ed il quanto, invischiati nell'io, nel tu, più
spesso nel noi che rendono i versi pesanti e adolescenziali; liste del
possibile, di rimpianti per scelte sempre sbagliate.
La poesia di Umberto invece non racconta: dice. Non è un sofismo, c'è
una grossa differenza; nel primo caso si resta soffocati, chiusi dentro i
nostri versi, nel secondo questi spaziano nei deserti, nei tramonti,
tra gli echi, le spighe di grano e suoni che richiamano ricordi. E
l'autore è al centro di tutto, proprio dentro la sua patria, cioè le sue
emozioni e quell'intero suo vivere che lo ha portato al
centro di quello che ci sta mostrando.
Inoltre, non è importante il cosa si dice, quanto il come.
Anche in questa composizione Umberto armonizza suoni, silenzi e immagini.
C'è il silenzio di una perdita, il silenzio del raccoglimento e quello
in cui è possibile distinguere il gocciolio di un respiro, immagine
efficacissima ed inconsueta che si sposa con la normalità dell'inizio
della stessa strofa cui appartiene: "Io resto."
Due parole, un mondo. Appunto.
La poesia è una entità beffarda: scivola dalle mani proprio quando
sono convinta di averla dentro il pugno. A volte è necessario
sedersi in un angolo da dove se ne ha una visione perfetta; questa volta
il mio angolo sono state quelle parole di Zach. Non mi illudo di
riuscire a trattenerla per molto. Per allora dovrò trovare un nuovo
angolo, una nuova visione.
NON TI PERDERO' PER SEMPRE
Non ti perderò per sempre,
avrò per te, lo sai, un dolore calmo,
un abbraccio inconsueto, un sogno
mai concluso.
Non ti cercherò tra le ombre,
mi stupirò, semmai, del tuo
silenzio, quando un’eco smarrita
di memoria riporterà quel tuo
gioco di labbra.
Io resto. Sulle colline il grano già
matura, ruba luce al tramonto,
chino il capo, alle mie spalle gocciola
un respiro.
Mi volto, quasi a cercare la tua assenza,
vedo quel vento smuovere le spighe,
spingo avanti il mio passo e dentro il petto
tintinna il suono
della tua cavigliera.
da Il Canto delle Bambole, Edizioni Masso delle Fate
Nessun commento:
Posta un commento