domenica 5 febbraio 2017

LE LANTERNE DI CARTA DI RISO - UMBERTO CROCETTI

Come si può definire la poesia?
Ogni autore ha una propria idea, non a caso ne sono state scritte moltissime, fissati come siamo a catalogare, a esprimere la nostra visione e in certo qual modo, esorcizzarla.
Si, perché ai più la poesia fa paura, specialmente quando riesce ad aprirsi uno spiraglio nella nostra corazza, quando si fa complice delle nostre esperienze, diverse ma simili e colpisce lasciandoci straziati e inebetiti con la nostra empatia, consapevoli di non essere capaci a mettere assieme parole simili, ammirati per chi riesce a trovare quella combinazione che ci rende improvvisamente indifesi.
La poesia di Crocetti ha da sempe avuto questo potere, ottenuto mischiando musicalità, onestà del verso, contenuto e contenente.
Si potrebbe dire che la poesia è bella e basta, ma questo non le rende giustizia (per la verità una frase simile non renderebbe giustizia a nessuna poesia), allora cosa dire? 
Niente, la poesia parla da sola. Magari prendiamoci tempo  leggendo senza fretta, cercando di "governare il silenzio".







LE LANTERNE DI CARTA DI RISO


Le lanterne di carta di riso
appese al vento sui rami dell'acacia
sono memoria sbiadita, adesso che una voce
già carica di sguardi, si assottiglia
diventa più lontana, rintanandosi
in quella stessa bocca che pure mi appartenne
un tempo, quando diceva
"il tempo non esiste" e invece esiste
come padre del ricordo
così vigile sui figli da sembrarti crudele
e non c'è modo di diventare adulti
e lasciare la casa del proprio genitore...

E' così difficile governare il silenzio
quando tutto intorno a te ha un volto e un nome
e perfino la pioggia ha un ritmo di vocali
che cadono vicine
raccogliendosi in grumi di parole.



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