Con la tastiera, il mouse e i
miei magici link a portata di clik, riprendo di nuovo a postare. E
inizio con una poesia di De Andrade, autore già presente nel blog che
si confronta con una dedica alla madre, tema presente in molte poesie
qui proposte: Giuseppe Ungaretti, Pier Paolo Pasolini, Paolo Carbonaio
(ditemi se ho dimenticato qualcuno) ma anche in altri autori che non
sono qui, ma che hanno comunque scritto dei versi altrettanto toccanti.
La chiusura della poesia ha il sapore di TI AMO di Cortazar e del suo modo inconfondibile di confrontarsi con altri autori. Diversi per nazionalità, ma contemporanei e affini per il gusto dello stupore.
LETTERA
E’ molto tempo, sì, che non ti scrivo.
Sono invecchiate tutte le notizie.
Io stesso invecchiai: guarda in rilievo
questi segni su me, non le carezze
(così lievi) che facevi sul mio viso:
sono colpi, sono spine, sono ricordi
della vita al tuo ragazzo, che al tramonto
smarrisce la saggezza dei bambini.
E non mi manchi tanto
all’ora di dormire quando dicevi
“Dio ti benedica”, e la notte apriva al sogno.
E' quando, al risveglio, rivedo in un angolo
la notte accumulata dei miei giorni,
e sento che sono vivo, e che non sogno.
(1962)
Trad. Carla Natali
CARTA
Há muito tempo, sim, não te escrevo.
Ficaram velhas todas as notícias.
Eu mesmo envelhecí: olha em relevo
estes sinais em mim, não das carícias
(tão leves) que fazias no meu rosto:
são golpes, são espinhos, são lembranças
da vida a teu menino, que a sol-posto
perde a sabedoria das crianças.
A falta que me fazes não é tanto
à hora de dormir, quando dizias
"Deus te abençoe", e a noite abria em sonho.
É quando, ao despertar, revejo a um canto
a noite acumulada de meus dias,
e sinto que estou vivo, e que não sonho.
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