domenica 20 novembre 2011

LETTERA - HENRIK NORDBRANDT

martedì, 01 marzo 2011
LETTERA - HENRIK NORDBRANDT
 
Come lettera è piuttosto inconsueta, non è vero?  E come poesia è prosastica, ma nonostante questo, non è  meno densa di significato.
Anche qui, in questa poesia, con questo autore, ho l'impressione di leggere delle confidenze, se non fosse per il tono diretto, colloquiale e pacato rivolto ad una donna.
Una conferma del suo valore di autore da scoprire (non a caso è passato poco tempo dall'ultimo post che gli ho dedicato) e del talento, del guizzo di ingegno letterario, di chi traduce da un'altra lingua per noi.
Non dimentichiamolo mai.





LETTERA


Se un giorno ci venisse in mente di incontrarci...
( cosa di cui in fondo dubito)
allora per amor di Dio scegliamo un luogo
in cui nessuno di noi è mai stato prima.
Una qualche isola in disparte nell' Egeo
o una spiaggia nei pressi di Alessandria.

Un posto dove i giardini notturni non ci portino
subito a vedere noi stessi
come fantasmi, dove la gente scorgendoci
non finisca per pensare
a chi è morto dopo il nostro ultimo incontro
e dove non compariamo nelle loro storie

Potremo passare la notte insieme
a bere, a parlare di nulla
e magari remare sul mare al chiaro di luna
e se non ci venisse in mente di annegarci
potremo separarci prima dell' alba
felici, prima di essere tornati sobri.

Se dunque esiste un posto così
( cosa di cui come ho detto dubito)
un posto in cui persino certi tardi sprazzi di sole
e i profumi di certi alberi notturni
di tanto in tanto non ci ricordino che abbiamo provato
tutto questo tante volte prima, senza successo.

Oppure lasciamo perdere l'idea di incontrarci.



Traduzione B. Berni


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#1  02 Marzo 2011 - 05:48
Carla, non mi sembra prosastica la poesia, almeno  nella traduzione, nella lingua orginale non ne ho idea.

Prova a leggerla  ad alta voce,   io ci sento una musicalità , un ritmo come quello del mare sulla spiaggia evocata dalla poesia...

Ales
utente anonimo


#2  02 Marzo 2011 - 07:42
Le leggo sempre ad alta voce le poesie, quelle chi mi colpiscono, almeno.
E' un modo anche quello per assaporarle meglio, per assimilarle.
Perchè credi mi habbia colpito così tanto Strand con i suoi versi
"Cola inchiostro dagli angoli della mia bocca.
Non c'è felicità pari alla mia.
Ho mangiato poesia."

Il mio amore per la sua poetica è iniziato da lì.
Per il prosastico/discorsivo secondo me lo è ma non lo dico in senso negativo. E' solo un modo di esprimersi diverso da "tanti pensierini scritti in fila e andando a capo ogni tanto".
Nella mia esperienza, il verso si contrae tanto più mi rivelo e si allunga quando desidero e spero.
Modi diversi di vivere la poesia; probabilmente ognuno ha il proprio.
Ma questo è un argomento troppo intimo da trattare con altri.
Per la lettura, prima o poi la registro.
Carla
NATACARLA


#3  12 Aprile 2011 - 05:31
La forma quasi epistolare adottata dall'autore non diminuisce la delicatezza d'animo del poeta, quando si parla di amore la poesia sgorga dalle profondità dell'animo e la forma conta poco quando il tuo inchiostro ruba i tuoi sentimenti; ben venga quindi la lettera!!!!
Mi piace molto il riferimento al giardino notturno quasi un richiamo alla magia delle mille e una notte...
quest'incontro si svolge di notte( o almeno dovrebbe), che anche se suggestiva e romantica(chiaro di luna), è immagine di inattività (parlare di nulla); poi ....il se  e il dubito introducono all'esito finale: senza successo.
Coniuga bene romanticismo e realismo!
Giuseppe
utente anonimo


#4  12 Aprile 2011 - 21:59
Giuseppe, non ci trovi degli sprazzi di titubanza?
Luoghi mai visitati, da abbandonare senza mai più tornarci, giardini così notturni da non scorgere l'altro, in cui passare la notte insieme, a parlare di nulla.
Che ne pensi invece di quel
"...se non ci venisse in mente di annegarci
potremo separarci prima dell' alba
felici, prima di essere tornati sobri."
Questi versi non ti sembrano indizio di un amore soffocato? Quell'annegarci, il separarci felici tornando sobri, parola che richiama una precedente condizione di ebrezza, propria dell'essere, appunto,  felice.
E quindi, se un posto simile non è possibile trovarlo, cosa di cui l'autore sembra essere quasi sicuro, a che servirebbe incontrare l'altra?
Non trovo realismo, solo rassegnazione e rimpianto per un evento che non si verificherà mai.

NATACARLA


#5  13 Aprile 2011 - 12:20
Concordo in pienezza con te Carla!... leggo una grande sofferenza nel cuore di chi scrive!
Sono d'accordo anche sulla rassegnazione, forse sbaglio a usare il termine realismo..... ma la conclusione è la stessa: si riconosce ,dal profondo, l'impossibilità dell'incontro!
ciao
Giuseppe
utente anonimo

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