domenica 20 novembre 2011

PARLEREBBERO I MIEI OCCHI - BLAS DE OTERO

domenica, 05 dicembre 2010
PARLEREBBERO I MIEI OCCHI - BLAS DE OTERO
 
E' la verità, o forse la voce propria, quella di Blas quella che non si può soffocare, che riesce a esprimersi nonostante tutto.
Un pò lo stesso messaggio di Josè Marti con la sua Che importa.






Nasce a Bilbao il 15 marzo 1916  e muore e Madrid nel  1979), è un  poeta spagnolo.
Ha iniziato gli studi nella sua città natale, in una istituzione religiosa,
Dopo un’infanzia in collegio, ritorna in un ambiente familiare burrascoso, segnato dalla morte del fratello maggiore, del padre e da svariati problemi economici. Queste due perdite daranno origine ad una presenza costante dell’idea di morte e ad una instabilità emotiva che lo ha porterà a soffrire di vari esaurimenti nervosi, a cercare  rifugio dai suoi problemi nella religione, ed a scegliere la poesia come compagna di vita.
Si può perdere tutto: il tempo, la serenità, la fiducia nella vita, nella realtà ma un’arma resta sempre per opporsi all’insoddisfazione e al senso di vuoto, la forza della parola.
Blas ha frequentato le scuole superiori a Madrid e si è laureato in Giurisprudenza e Filosofia, professioni che non ha esercitato.
Si trasferisce poi a Madrid dove si dedica interamente alla creazione letteraria, tranne un breve periodo di insegnamento, che poi abbandonerà per dedicarsi interamente a farsi conoscere come poeta e all'attività di conferenziere.
Nel 1951, a seguito di un viaggio a Parigi, entrò nel Partito Comunista.
nel 1952 lo troviamo impegnato a lavorare in  una miniera di ferro di La Arboleda (Vizcaya), insieme a pittori e Ismaele Fidalgo e Agustín Ibarrola.
Nel 1964 si sposa con Yolanda Pino cubano, vissuto all'Avana per tre anni; divorziato nel 1967, torna a Madrid, dove inizia una relazione con Sabina de la Cruz, che rimase con lui fino alla morte dello scrittore.
La sua prima raccolta di poesie è fortemente impregnata di spiritualità, mentre i suoi lavori successivi  Blas si accosta ai temi della guerra e circostanze storiche, per poi passare a preoccuparsi del sociale e della solidarietà umana.






PARLEREBBERO I MIEI OCCHI

Parlerebbero i miei occhi se le mie labbra
ammutolissero. Potrei restare cieco,
e la mia mano destra continuerebbe
a parlare, parlare, parlare.
Debbo dire “Ho visto”. E taccio
stringendo gli occhi. Giurerei
di no, che non ho visto. E mentirei,
parlando, parlando, parlando.
Ma debbo tacere e tanto tacere,
c’è tanto da dire, che chiuderei
gli occhi, e starei tutto il giorno,
parlando, parlando, parlando.
Dio mi liberi dal vedere quello che è chiaro.
Ah, che tristezza. Potrei tagliarmi
le mani. E il mio sangue continuerebbe
a parlare, parlare, parlare.


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