domenica, 15 maggio 2011
LE PAROLE - EUGENIO MONTALE
Al pari dell'invenzione della ruota, a cui ha contribuito fortemente: non credo infatti che sia stata inventata da un singolo, ma che sia frutto dell'ingegno di un insieme di persone, almeno nel suo perfezionamento.
Ma avrebbero potuto, se non si fossero scambiati idee?
Sulla poesia di Montale, che dire se non che è di Montale?
Però, posso lasciare un mio pensiero a proposito delle due strofe finali: sembra che l'autore voglia insinuare che pochi usano o conoscono la totalità dei lemmi presenti nella nostra lingua.
Trovo i versi
le parole
sono di tutti e invano
si celano nei dizionari
perché c’è sempre il marrano
che dissotterra i tartufi
più puzzolenti e più rari;
scritti in ironia e quel
e poi morire
con chi le ha possedute.
a rafforzare l'idea che in pochi hanno una buona "padronanza", appunto, di queste, solo chi le ha inventate.
E mi si apre un mondo di idee: chi ha inventato una data parola e perchè?
Sappiamo che molte sono riprese dal greco o dal latino, alcune hanno radici nella lingua celtica o nel sanscrito.
Ma chi le ha pensate per la prima volta, perchè ha usato proprio quelle sillabe?
Sarebbe utile una dispensa di Etimologia, ragazzi miei....
Quanto darei per poter tornare a scuola!
LE PAROLE
Le parole
se si ridestano
rifiutano la sede
più propizia, la carta
di Fabriano, l’inchiostro
di china, la cartella
di cuoio o di velluto
che le tenga in segreto;
le parole
quando si svegliano
si adagiano sul retro
delle fatture, sui margini
dei bollettini del lotto,
sulle partecipazioni
matrimoniali o di lutto;
le parole
non chiedono di meglio
che l’imbroglio dei tasti
nell’Olivetti portatile,
che il buio dei taschini
del panciotto, che il fondo
del cestino, ridottevi
in pallottole;
le parole
non sono affatto felici
di essere buttate fuori
come zambracche e accolte
con furore di applausi
e disonore;
le parole
preferiscono il sonno
nella bottiglia di ludibrio
di essere lette, vendute,
imbalsamate, ibernate;
le parole
sono di tutti e invano
si celano nei dizionari
perché c’è sempre il marrano
che dissotterra i tartufi
più puzzolenti e più rari;
le parole
dopo un’eterna attesa
rinunziano alla speranza
di essere pronunziate
una volta per tutte
e poi morire con chi le ha possedute.
Leggi i vecchi commenti
Idea interessante, se parliamo di quegli imitatori che più di imitare clonano.
Ma scrivere una poesia in modo onesto, anche se non originalissimo, non vuol dire avere in bocca uno zircone, magari?
Ed ho parlato di poesia, che ha una propria dimensione precisa, non di un testo qualsiasi di adolescente più o meno cresciuta.
Grazie del tuo apprezzamento, Paola.
NATACARLA |
Penso che la medesima parola in bocca ad un poeta sia diamante ed in bocca a un maldestro imitatore di quello puro letame. Per rimandare il pensiero al mitico De André...