Avete mai provato a cercare un testo che avete ricevuto e letto, disperso tra le mails ricevute? E nella convinzione di metterlo al sicuro, averlo archiviato ma non trovarlo più?
A me è capitato con un brano di Saramago tratto da un suo libro (che allunga la lista di quelli che dovrò acquistare, conquistando uno dei primi posti della mia urgenza). Dopo essermi concentrata sulle mail dell'ultimo mese, ho attaccato una ricerca sul web. Ma è grande ed insidioso e si finisce dove i motori di ricerca vogliono farti naufragare. E anche se non vogliamo essere maligni, non possiamo pretendere che siano intelligenti; rispondono a impulsi di caratteri e numeri. Però questa volta la ricerca mi ha portato sul blog ufficialmente tradotto da Massimo Lafronza di José: IL QUADERNO DI SARAMAGO. Confesso di essermici imbattuta più volte, ma nella mia stringa di ricerca questa volta c'era una parolina magica: scrivere.
Ed ecco apparire questo pensiero sul tradurre, atto che da qualche tempo sta contagiando anche me. 
Il mio grazie a Massimo per aver consentito alla riproduzione. José Saramago / Tradurre, Traduzir
"Scrivere è tradurre. Lo sarà sempre. Anche quando stiamo 
utilizzando la stessa lingua. Trasformiamo quello che vediamo e che 
sentiamo (supponendo che il vedere e il sentire, come li intendiamo in 
generale, siano qualcosa di più che le parole con cui ci è relativamente
 possibile esprimere il visto e il sentito…) in un codice convenzionale 
di segni, la scrittura, e lasciamo alle circostanze e alle casualità 
della comunicazione la responsabilità di far arrivare all’intelligenza 
del lettore, non la totalità dell’esperienza che ci siamo riproposti di 
tradurre (inevitabilmente frammentaria se rapportata alla realtà di cui 
si era alimentata), ma almeno un’ombra di quello che nel profondo del 
nostro spirito sappiamo essere intraducibile, per esempio, l’emozione 
pura di un incontro, la meraviglia di una scoperta, quell’istante fugace
 di silenzio precedente alla parola e che rimarrà nella memoria così 
come il resto del sogno che il tempo non cancellerà interamente. Il 
lavoro di chi traduce sarà quindi quello di portare in un’altra lingua 
(all’inizio, la sua stessa) quello che nell’opera e nell’idioma 
originale era già stato “traduzione”, cioè, una determinata percezione 
di una realtà sociale, storica, ideologica e culturale che non è quella 
del traduttore, nutrita, questa percezione, da un intreccio linguistico e
 semantico anch’esso non suo. Il testo originale rappresenta appena una 
delle “traduzioni” possibili dell’esperienza della realtà dell’autore, 
essendo poi il traduttore costretto a convertire il “testo-traduzione” 
in “traduzione-testo”, inevitabilmente ambivalente, visto che, dopo aver
 cominciato isolando l’esperienza della realtà oggetto della sua 
attenzione, il traduttore realizza il lavoro più grande di trasportarla 
intatta nell’intreccio linguistico e semantico della realtà (altra) in 
cui è incaricato di tradurre, rispettando, allo stesso tempo, il luogo 
da cui viene e il luogo verso cui va. Per il traduttore, l’istante di 
silenzio anteriore alle parole è quindi come l’inizio di un passaggio 
“alchemico” in cui quello che è deve trasformarsi in un’altra cosa per 
continuare a essere quello che era stato. Il dialogo tra autore e 
traduttore, sulla relazione tra il testo che è e il testo che sarà, non è
 soltanto una relazione tra due personalità particolari che devono 
completarsi è soprattutto un incontro tra due culture collettive che 
devono riconoscersi."
traduzione di Massimo Lafronza


Un po' complicato...
RispondiEliminaPreferisco il racconto di Borges "Pierre Menard,autore del Chisciotte"
Il raffronto tra la pagina di Cervantes e quella di Menard è senz'altro rivelatore. Il primo, per esempio, scrisse (Don Chisciotte, parte I, capitolo IX):
... la verità, la cui madre è la storia, emula del tempo, deposito delle azioni, testimone del passato, esempio e notizia del presente, avviso dell'avvenire.
Scritta nel secolo XVII, scritta dall'ingenio lego Cervantes, quest'enumerazione è un mero elogio retorico della storia. Menard, per contro, scrive:
... la verità, la cui madre è la storia, emula del tempo, deposito delle azioni, testimone del passato, esempio e notizia del presente, avviso dell'avvenire...
http://www.guidasicilia.it/ita/main/news/approfondimenti.jsp?IDNews=18736