giovedì 6 dicembre 2012

L'INCONTRO - JUAN CARLOS ABRIL


Mi dispiace per la mia lunga assenza, ma cercherò di farmi perdonare proponendovi questo autore e questo testo sensuale. 
L'autore imposta un dialogo con una donna e la figura che ne esce non è come quelle incontrate fino ad adesso di un Borges o un Eluard, cioè incorporee, quasi inesistenti. In quelle, tutto il discorso poetico è incentrato sul suo autore, sui suoi pensieri ed i suoi sentimenti. Qui invece la si legge camminare, amare, la si può sentire persino respirare, poco distante dai pensieri di Carlos. Non voglio dire che non ci siano mai state figure come questa: ne abbiamo incontrate a volte, è solo che nelle poesie d'amore si trovano più spesso assenti. 
La resa poetica è nervosa, incalzante, ma lascia intatta la musicalità del verso. Merito del testo originale, suppongo, anche se devo rifarmi a una traduzione asettica (non sono riuscita a trovare il testo originale).
Notevole l'uso delle virgole che delimitano la voce quando concretizza la parola scritta e quell'uso della "e" che lega i pensieri tra loro e imprime forza al testo. 
Uno stile su cui riflettere.





Poeta, traduttore e critico letterario, Juan Carlos Abril è nato in Spagna, a Los Villares, nella provincia di Jaén, il 7 gennaio del 1974.
Ha conseguito il dottorato di ricerca in Letteratura spagnola con una tesi, sotto la direzione di Luis García Montero (altro grande protagonista della poesie spagnola), sulla poetica di José Manuel Caballero Bonald  e attualmente insegna presso il Dipartimento di Lingua e Letteratura insegnamento della Università di Granada .
Ha vissuto per molti anni a Exeter, sud-ovest dell'Inghilterra, nella Provenza francese, a Milano e Roma.
Nel 2011 ha vinto il premio di Poesia Manuel Alcantara, con la poesia Ave Félix, premio che l'anno successivo è stato assegnano a Juan Vicente Piqueras e di cui vi ho riportato la notizia (e tradotto il testo) lo scorso agosto.  


 Le scale di Escher



L'INCONTRO


Sei stata tu, forse il nostro disordine,
forse le dita libere,
il loro movimento ansioso che interroga,
che chiede alle mani
e percorre le linee
dell’ultimo desiderio quando ti svegli,
o forse sono stato io,
con la lingua sull’orlo della notte.
Cammini di piacere quando albeggi
e due corpi si parlano
e raccontano la loro fortuna
e incrociano la passione come uno solo.
Il resto della carne si incatena
alle abili gambe e alle braccia,
per affondare nel mondo e possedere
come un’oscura bocca
che lo ingoia tutto, e ci trascina.
Se qualche volta ti cerco o sei tu
a cercare me, e ci incontriamo.

tratta da El laberinto azul  

Traduzione  Stéphanie Ameri


2 commenti:

  1. Nè tu, nè io. Siamo stati Noi.
    Ti ringrazio per avermi fatto scoprire questa bellissima poesia, il tuo blog è una coccola per il cuore!
    Valeria

    RispondiElimina
  2. Grazie a te per queste tue parole.
    Carla

    RispondiElimina