mercoledì 13 febbraio 2013

QUANDO GIRERÁ LA TERRA - EUGENIO MONTEJO

"Perché la tensione alla poesia è data al suo inizio, all'ansia di realtà spitituali ignote, presentate come possibili." 
Questa è una riflessione di Cesare Pavese a proposito delle sue "avventure spirituali". Era il 1935 ed era insoddisfatto di non trovare nuovi contenuti per quella sua forma espressiva da cui non riusciva a staccarsi.
Volendo mettere a fuoco la diversità degli incipit degli autori e tornando a Montejo ed in particolare alla poesia proposta, trovo che negli incipit abbia la stessa tensione delle poesie di Cesare. Penso a
"Lo ripete anche l'aria che quel giorno non torna."
oppure
"Verrà la morte e avrà i tuoi occhi..."
Li accomuna un moto di sospensione, posseggono vita propria, ma non bastano a loro stessi: creano aspettativa. 
Non tutti gli autori utilizzano lo stesso tipo di approccio al loro discorso poetico, o come dice Cesare, alla loro avventura spirituale. C'è chi si attiva con un prolungamento di una propria riflessione per farci partecipi della propria emozione. 
Per esempio, ricordo ancora un insegnamento della mia insegnante delle medie a proposito degli "E" con cui Ungaretti apriva alcune sue poesie, anche se all'epoca, la poesia era uno strano modo di esprimersi (ed un difficile esercizio di memorizzazione).
La poesia è franca, è un colloquio tessuto tra il piacere di stupire, ed il pudore di rivelarsi (rarissimo in un uomo), e questo mi ricorda un aforisma di Frank Wedekind (1864-1918, scrittore, drammaturgo e attore teatrale tedesco) che ebbe a dire nel suo Die junge Welt del 1891:
 "Un uomo sano arrossisce sempre quando ha fatto una poesia."





Nato a Caracas il 19 ottobre del 1938, Eugenio Montejo era il figlio di un fornaio cui bottega divenne la sua prima scuola di letteratura.
Cresciuto in un Venezuela che ha cambiato l'agricoltura per il petrolio, Montejo è stato ricercatore presso il Centro Studi Latinoamericani di Caracas, collaboratore di riviste nazionali ed internazional, professore universitario e direttore letterario della casa editrice Monteavila del Venezuela, fondatore della rivista Azar Rey e co-fondatore della rivista Poesia della Università di Carabobo.
Fu consigliere culturale presso l'ambasciata del suo paese a Lisbona e un fervente sostenitore della teoria secondo cui gli scrittori appartengono a un tempo più che una geografia.
Ritirato dalle sue funzioni diplomatiche in questi ultimi anni è stato molto critico di Hugo Chavez, accusandolo di "violare tutte le norme", a partire dal significato delle parole.
Nel 1998 ricevette il Premio Nazionale per la Letteratura in Venezuela e nel 2004 il Premio Octavio Paz di Poesia e saggistica.
Il valore delle intere sue opere non ha cessato di crescere in questi ultimi anni, essendo una delle più importanti ed originali di questa ultima metà del XX secolo.
E' morto il 5 giugno 2008 a Valencia, vittima di un cancro.






              QUANDO GIRERÁ LA TERRA


Lascia che ti ami fino a quando girerà la terra
e gli astri inchinino i loro crani azzurri
sulla rosa dei venti.
Galleggiando, a bordo di questo giorno
nel quale per caso, per un istante,
ci siamo destati così vicini.
Ho potuto vivere in un altro regno, in un altro mondo,
a molte leghe dalle tue mani, dal tuo sorriso,
su un pianeta remoto, irraggiungibile.
Sono potuto nascere secoli fa
quando non esistevi in nulla
e nelle mie ansie di orizzonte
potevo indovinarti in sogni di futuro,
ma le mie ossa a quest'ora
non sarebbero che alberi o pietre.
Non è stato ieri né domani, in un altro tempo,
in un altro spazio,
né giammai accadrà
quantunque l'eternità lanci i suoi dadi
a favore della mia fortuna.
Lascia che ti ami fino a quando la terra
graviterà al ritmo dei suoi astri
e ad ogni istante ci stupisca
questo fragile miracolo di esser vivi.
Non abbandonarmi fino a quando essa non si fermerà.



da "Papiri amorosi" 2002



Mientres gire la tierra


Déjame que te ame mientras gire la tierra
Y los astros inclinen sus cráneos azules
sobre la rosa de los vientos.
Flotando, a bordo de este día
En que al azar, por un instante,
despertamos tan cerca.
Pude vivir en otro reino, en otro mundo,
a muchas leguas de tus manos, de tu risa,
En un planeta remoto, inalcanzable.
Pude nacer hace ya siglos
cuando en nada existías
y en mis angustias de horizonte
adivinarte en sueños de futuro,
pero mis huesos a esta hora
Ya serían árboles o piedras.
No fue ayer ni mañana, en otro tiempo,
en otro espacio,
ni ocurrirá ya nunca,
aunque la eternidad cargue sus dados
a favor de mi suerte.
Déjame que te ame mientras la tierra siga
gravitando al compás de sus astros
y en cada minuto nos asombre
este frágil milagro de estar vivo.
No me abandones hasta que ella se detenga.




 

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