Quello di Lars è un felice ritorno nel passato. Il suo messaggio sembra essere tanto più è stata la felicità, tanto più è la malinconia. Si potrebbe definire quindi una poesia carica di gioia nostalgica oppure, usando le parole stesse dell'autore, di malinconica felicità.
Un peccato non averne trovata la stesura originale: come sempre devo arrendermi di fronte alla mia scarsa conoscenza delle lingue. Tra i molti miei limiti, quello che mi è più odioso.
Lars Gustafsson è nato a Västerås il 17 maggio 1936 ed è considerato il più internazionale scrittore svedese contemporaneo. Studioso di matematica e filosofia, poeta, saggista, drammaturgo, romanziere fra i più tradotti all’estero, e in questa sua intensa attività (oltre cento i libri pubblicati: poesie, saggi di critica letteraria, romanzi che sono stati tradotti in quindici lingue) ha ottenuto molti riconoscimenti. Nel 1996, quando ottenne il Pilot Prize (istituito per premiare con 150.000 corone svedesi chi si distingueva nella letteratura), fu descritto come filosofo, poeta, visionario.
Diplomato nel 1960 all'Università di Upsala dove ha studiato sociologia e filosofia, ha conseguito il dottorato nel 1978. E' stato sposato tre volte ed avuto quattro figli dalle prime due mogli .
I romanzi che gli hanno dato la notorietà a livello internazionale, è stato il ciclo Crepe nel muro di cui fanno parte cinque libri: Lo stesso signor Gustafsson (1971), La lana (1973), Festa in famiglia (1975), Sigismondo (1976) e Morte di un apicultore (1978), tutti caratterizzati da da domande esistenziali mischiate all'assurdo ad al comico. Ha insegnato Storia del Pensiero Europeo all'Università di Austin, Texas, dal 1983, anno successivo alla separazione con la prima moglie, e fino al 2006, anno successivo al suo terzo matrimonio e del pensionamento, a seguito del quale si è ritirato a Södermalm, quartiere di Stoccolma. Nel 1986 è stato fatto cavaliere dell'Ordre des Arts et des Lettres.
In Italia ha ricevuto il Premio Agrigento e il Premio Grinzane Cavour.
VITA
La vita scorre attraverso il mio tempo,
e io, un volto non rasato,
dove le rughe sono profonde, analizzo
le tracce.
Pensieri come bestiame,
avanzano sulla strada per bere,
estati perdute ritornano, ad una ad una,
profonda come il cielo viene la malinconia,
per la pianta di carice che fu,
e le nuvole che allora rotolavano più bianche,
eppure so che tutto è uguale,
che tutto è come allora e irraggiungibile;
perché sono al mondo,
e perché mi prende la malinconia?
E gli stessi lillà profumano come allora.
Credimi: c’è un’immutabile felicità.
Traduzione di Enrico Tiozzo
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