domenica, 20 dicembre 2009
CHIUDO IL TUO LIBRO - SIBILLA ALERAMO
Osservo una particolarità in questa poesia che non ricordo di aver trovato in altri autori.
Forse dipende dal periodo in cui è stata scritta, dalla corrente letteraria in cui si colloca la Aleramo, non so (ancora) ma mi interessa moltissimo capirlo.
Comunque è questo. La strofa iniziale e la strofa finale sono pressochè identiche, varia soltanto l'ordine dei versi.
Il tono è diverso: nella prima è più vocativo mentre nell'ultima ha una funzione di definitività, e per questo la Aleranìmo ha apportato quei piccoli cambiamenti.
Ed il bello è che sembrano proprio non studiati, ma nati da dentro, un magnifico richiamo.
Questo, secondo me, la rende grande.
Forse dipende dal periodo in cui è stata scritta, dalla corrente letteraria in cui si colloca la Aleramo, non so (ancora) ma mi interessa moltissimo capirlo.
Comunque è questo. La strofa iniziale e la strofa finale sono pressochè identiche, varia soltanto l'ordine dei versi.
Il tono è diverso: nella prima è più vocativo mentre nell'ultima ha una funzione di definitività, e per questo la Aleranìmo ha apportato quei piccoli cambiamenti.
Ed il bello è che sembrano proprio non studiati, ma nati da dentro, un magnifico richiamo.
Questo, secondo me, la rende grande.
Pseudonimo di Rina Faccio, Sibilla Aleramo nasce ad Alessandria il 14 agosto 1876. Presto si stabilisce con la famiglia a Civitanova Marche dove, con matrimonio riparatore, sposa a quindici anni un giovane del luogo che la aveva violentata. Oltre a questo, la sua vita fu segnata anchedal tentativo di suicidio della madre.
Nel 1901 abbandona marito e figli iniziando, come lei stessa amava dire, la sua “seconda vita”. Conclusa una relazione sentimentale con il poeta Damiani, si lega a Giovanni Cena.
E' di quel periodo il suo romanzo Una donna, pubblicato nel 1906 sotto lo pseudonimo di Sibilla Aleramo, suggerito dallo stesso Cena, che trasse il cognome Aleramo dalla poesia del Carducci Piemonte e da allora divenne il suo nome nella letteratura e nella vita. Egli volle anche rivedere il manoscritto, come rivelò la scrittrice: «Asportò egli dal mio libro le pagine dove io diceva il mio amore per Felice. Ed io lasciai amputare così quello che voleva, che gridava essere opera di verità. Come un altro qualunque dei tagli operati sul manoscritto, come su un qualunque lavoro letterario. Uncinò i margini con parole sue».
Dopo la fine di quest'ultima relazione, inizia una vita errabonda che la avvicina a Milano e al movimento Futurista, a Parigi e ai poeti Apollinaire e Verhaeren, infine a Roma e a tutto l’ambiente intellettuale ed artistico di quegli anni (qui conosce Grazia Deledda).
Durante la prima guerra mondiale incontra Dino Campana e con lui inizia una relazione complessa e tormentata.
Libera, ardimentosa e lontana dalle convenzioni, spesso era lei a prendere l’iniziativa con gli uomini dai quali era attratta, in perenne bisogno d’amore, derivatole, per sua stessa ammissione, "in parte da mia madre e in parte dalla perpetua nostalgia di mio figlio", innamorata dell’idea stessa dell’amore, aveva avuto già molte storie con letterati ed intellettuali.
Dino le disse: “Non mi parli del suo impegno sociale, non mi racconti del socialismo. Mi interessa lei. La passione e niente altro, tutto il resto è fuori, tutto il resto viene dopo, non importa quando.
Vogliamo intanto vederci per un giorno a Marradi? Se non v’annoia troppo, se non siete troppo lontano. Io potrei venire, mettiamo, mercoledì o giovedì, col primo treno (8,55) e voi dirmi dove m’aspettereste. Credo che ci si riconoscerebbe facilmente. Mi racconterete a voce quali altri tic bisogna perdonarvi, oltre a quelli che bisogna ignorare"..
Ma la loro storia d’amore aveva alti e bassi, fra la fitta corrispondenza, i silenzi di lui, le liti, le riappacificazioni, il peggioramento dei disturbi nervosi, le suppliche di entrambi per una riconciliazione, fino all'ultimo arresto di Dino e l'internamento nel manicomio di San Salvi.
Morirà a Roma nel 1960, dopo una lunga malattia, continuando a scrivere fino alla fine.
Nel 1901 abbandona marito e figli iniziando, come lei stessa amava dire, la sua “seconda vita”. Conclusa una relazione sentimentale con il poeta Damiani, si lega a Giovanni Cena.
E' di quel periodo il suo romanzo Una donna, pubblicato nel 1906 sotto lo pseudonimo di Sibilla Aleramo, suggerito dallo stesso Cena, che trasse il cognome Aleramo dalla poesia del Carducci Piemonte e da allora divenne il suo nome nella letteratura e nella vita. Egli volle anche rivedere il manoscritto, come rivelò la scrittrice: «Asportò egli dal mio libro le pagine dove io diceva il mio amore per Felice. Ed io lasciai amputare così quello che voleva, che gridava essere opera di verità. Come un altro qualunque dei tagli operati sul manoscritto, come su un qualunque lavoro letterario. Uncinò i margini con parole sue».
Dopo la fine di quest'ultima relazione, inizia una vita errabonda che la avvicina a Milano e al movimento Futurista, a Parigi e ai poeti Apollinaire e Verhaeren, infine a Roma e a tutto l’ambiente intellettuale ed artistico di quegli anni (qui conosce Grazia Deledda).
Durante la prima guerra mondiale incontra Dino Campana e con lui inizia una relazione complessa e tormentata.
Libera, ardimentosa e lontana dalle convenzioni, spesso era lei a prendere l’iniziativa con gli uomini dai quali era attratta, in perenne bisogno d’amore, derivatole, per sua stessa ammissione, "in parte da mia madre e in parte dalla perpetua nostalgia di mio figlio", innamorata dell’idea stessa dell’amore, aveva avuto già molte storie con letterati ed intellettuali.
Dino le disse: “Non mi parli del suo impegno sociale, non mi racconti del socialismo. Mi interessa lei. La passione e niente altro, tutto il resto è fuori, tutto il resto viene dopo, non importa quando.
Vogliamo intanto vederci per un giorno a Marradi? Se non v’annoia troppo, se non siete troppo lontano. Io potrei venire, mettiamo, mercoledì o giovedì, col primo treno (8,55) e voi dirmi dove m’aspettereste. Credo che ci si riconoscerebbe facilmente. Mi racconterete a voce quali altri tic bisogna perdonarvi, oltre a quelli che bisogna ignorare"..
Ma la loro storia d’amore aveva alti e bassi, fra la fitta corrispondenza, i silenzi di lui, le liti, le riappacificazioni, il peggioramento dei disturbi nervosi, le suppliche di entrambi per una riconciliazione, fino all'ultimo arresto di Dino e l'internamento nel manicomio di San Salvi.
Morirà a Roma nel 1960, dopo una lunga malattia, continuando a scrivere fino alla fine.
CHIUDO IL TUO LIBRO
Chiudo il tuo libro,
snodo le mie trecce,
o cuor selvaggio,
musico cuore…
con la tua vita intera
sei nei miei canti
come un addio a me.
Smarrivamo gli occhi negli stessi cieli,
meravigliati e violenti con stesso ritmo andavamo,
liberi singhiozzando, senza mai vederci,
né mai saperci, con notturni occhi.
Or nei tuoi canti
la tua vita intera
è come un addio a me.
Cuor selvaggio,
musico cuore,
chiudo il tuo libro,
le mie trecce snodo.
Sibilla Aleramo a Dino Campana
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#1 19 Aprile 2010 - 07:18
Da qualche tempo abbiamo aperto anche un sito a lei dedicato:
http://www.sibillaaleramo.it un sito del Centro Studi Civitanovesi di Civitanova Marche.
http://www.sibillaaleramo.it un sito del Centro Studi Civitanovesi di Civitanova Marche.
sergiofucchi |