giovedì 17 novembre 2011

LA CONCHIGLIA DI FIBONACCI - SAVERIO CRISTIANI

venerdì, 09 ottobre 2009

Oggi sono stata a Pisa.
Una bella giornata immersa nell'atmosfera della sua Università.
Mi sono venute in mente molte cose, tra le tante, mio cugino che in una sua visita, tanto tempo fà, si è fatto una fotografia abbracciato alla statua di Fibonacci (questa qua sotto, ndr) - ma lui è un "matematico", proprio innamorato della sua materia - e questo racconto, decisamente ingegnoso.



 




 



















LA CONCHIGLIA DI FIBONACCI






Il primo a parlare fu il rappresentate della vecchia Unione Sovietica.
Il volto grasso e gli abiti sgualciti, mani piccole e sudaticce che mulinava in aria vantando una sicurezza che tutti i presenti sapevano fittizia, l’uomo parlò per oltre venti minuti senza dar segno di stanchezza.
Con veemenza portò le proprie ragioni, esaltando le conquiste del suo regime, l’unità, la compattezza dei Soviet che per tanti anni si erano di fatto occupati della vita di milioni di persone ed ora erano messi in pericolo da questa inaspettata minaccia.
Dopo il russo fu la volta del rappresentante cinese, poi di quello indiano e via di seguito tutti gli altri. Ognuno con le proprie rivendicazioni, il diritto vantato a diverso titolo nei confronti dell’assemblea per poter ottenere l’intervento immediato delle forze di sicurezza.
In un angolo della sala un uomo anziano dall’aspetto tanto mite quanto trasandato, con una folta capigliatura bianca ad incorniciargli il volto e la camicia fuori dai pantaloni, continuava ad esaminare alcune delle montagne di rapporti che si accumulavano sul tavolo della zona comune. Il professor Lawrence Jacob, ogni tanto alzava la testa dal suo computer portatile, rivolgeva lo sguardo verso l’oratore di turno sistemandosi gli occhiali sulla punta del naso, si sistemava alla meglio la camicia nei calzoni, poi tornava imperterrito a tuffare lo sguardo nello schermo colorato.

Il palazzo delle Nazioni Unite viveva in quei giorni di fine novembre un fervore ed una iperattività come non capitava da anni.
Le delegazioni di tutti i paesi del mondo erano presenti in forze per cercare di scongiurare la minaccia che da qualche giorno sembrava aver investito ogni singolo paese della terra.
A tutte le latitudini, da oltre un mese, erano in corso delle micro ribellioni. Gruppuscoli isolati di contestatori si organizzavano in vere e proprie formazioni paramilitari ed attaccavano i presidi governativi, fossero caserme di polizia o penitenziari, o più semplicemente simboli del potere, come comuni, tribunali o sedi di ministeri.
All’inizio ogni governo aveva considerato la cosa poco più di una seccatura, una di quelle che ciclicamente capitano e che si risolvono in breve in una nuvola di fumo.
Ma non era così, non questa volta.
Il prof. Jacob intanto lavorava senza interruzione, confrontando dati, realizzando complessi diagrammi, ed astraendosi in tal modo dalle discussioni che i politici continuavano a portare avanti; la loro litigiosità era appena mitigata dall’emergenza, ma ogni tanto i dissidi tornavano a galla, e più di una volta si era quasi sfiorato lo scontro fisico tra alcuni diplomatici di stati antagonisti.
Quello che mancava era la visione d’insieme della cosa; oltretutto all’inizio ogni governo aveva cercato di tenere il più possibile nascosta la notizia per non alimentare ulteriori focolai di rivolta.
Il risultato di questa grossolana sottovalutazione era adesso drammaticamente esploso ed i singoli rappresentanti di ogni paese cercavano dall’Onu risposte ed aiuti impossibili da pianificare su scala planetaria.
Per fare questo tutte le delegazioni si erano rinchiuse nel salone principale del palazzo di vetro, ognuna occupando oltre alle proprie poltrone anche significative porzioni degli spazi comuni, ed isolandosi di fatto dal resto del mondo.
Dall’esterno nessuna informazione non strettamente necessaria a fronteggiare la crisi avrebbe dovuto raggiungere chicchessia per non influenzare le eventuali decisioni che fossero maturate all’interno del palazzo e che avrebbero potuto compromettere i rapporti tra nazioni con interessi divergenti.
Si era ad un passo dal caos.

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Era quasi Natale
Le piccole ribellioni avevano ormai assunto quasi ovunque le caratteristiche di una vera e propria rivoluzione: esecuzioni sommarie, devastazioni, razzie e stupri dilagavano in tutto il mondo. Stava chiaramente risalendo in superficie la parte bestiale dell’essere umano.
Una sorta di pazzia collettiva si era impadronita della gente ed era sempre più difficile arginare i tumulti.

I maggiori esperti di ogni stato, scienziati, militari, politici, erano in riunione congiunta senza interruzione giorno e notte, e per fare questo persino le vecchie rivalità sembravano essere state messe da parte, quasi si fosse tutti topi inermi sulla stessa barca che sta affondando.

Le discussioni su come fronteggiare l’emergenza proseguivano incessantemente, interrotte solo dai periodici rifornimenti di viveri che raggiungevano la sala e venivano consumati sul posto.
Il salone delle delegazioni era ormai ridotto ad un bivacco dopo giorni e giorni di forzata permanenza al suo interno di quella maleassortita combriccola che aveva nelle mani le sorti del pianeta; ma il morale era basso, sia per la mancanza di risultati apprezzabili, sia per il senso di impotenza che andava man mano impadronendosi di quelli che avrebbero dovuto essere i migliori cervelli del pianeta.
Finchè finalmente un pomeriggio, dopo estenuanti settimane di discussioni, dagli altoparlanti posti negli angoli una voce piatta ma decisa sovrastò per un attimo il brusio confuso della sala
“ho scoperto cosa è successo….”
Le voci continuarono ancora per qualche secondo a ciarlare, interrotte da improvvisi “shhhh” di chi invece voleva ascoltare. Quasi tutti si voltarono verso il tavolo principale dove era posizionato il microfono per vedere chi avesse parlato.
Il presidente dell’assemblea, un diplomatico statunitense di lungo corso, si avvicinò a quello che gli sembrava nulla più che un ometto mite e dall’aspetto trasandato dicendogli:
“si qualifichi e ripeta a tutti cosa ha detto”.
“ho scoperto cosa è successo…. E per rispondere alla sua prima domanda sono il professor Lawrence Jacob, docente di analisi matematica all’università di Dresda”
“e cosa sarebbe successo, sentiamo…?” lo apostrofò ironicamente un altro diplomatico di indefinibile origine asiatica.
“Bè, non so quanti di voi conoscano il nome Fibonacci…… ma proverò a spiegarlo io.
Leonardo Fibonacci era un matematico vissuto in Italia nella prima metà del tredicesimo secolo. Le sue opere non sono di particolare rilevanza scientifica, e nemmeno storica. In effetti la sua vita era divisa tra gli studi matematici e le attività commerciali della sua famiglia.
Tuttavia è passato alla storia per la sequenza numerica che da lui prende nome: i numeri di Fibonacci….”
“ma di che diavolo sta parlando?” -lo interruppe sgarbatamente una donna – “i nostri popoli si stanno ammazzando per le strade e lei ci parla di matematica?”
“la prego –intervenne l’ambasciatore cubano- lo lasci parlare, sentiamo cos’ha da dire” -poi rivolgendosi all’uomo- “ continui professore”
“la sequenza di Fibonacci è relativamente semplice da capire: ogni termine, ogni numero della sequenza –a parte i primi due- è il risultato della somma dei due precedenti. Così iniziando a contare dal numero 0 avremo
0 , 1 , 1, 2, 3, 5, 8, 13, 21, 34, 55. 89, 144, 233…. E così via.
La rappresentazione naturale di questi numeri è sotto gli occhi di tutti: la normalissima spirale delle conchiglie di mare è la trasposizione geometrica della sequenza di Fibonacci. Solo che nel caso della conchiglia la sequenza ha fine, mentre nella matematica teorica non c’è alcun punto di arrivo visto il numero infinito di numeri. Ogni somma col precedente, in assenza di un “recinto” che ne rappresenti la fine, non fa che ingrossare l’ultimo numero della serie.
“e questo cosa spiega” - chiese la donna
“mi lasci terminare e sarà tutto chiaro.
Il primo episodio significativo di ribellione di cui abbiamo notizia sarebbe avvenuto circa un mese e mezzo fa, per la precisione… vediamo, ecco –disse estraendo un foglio spiegazzato dalla tasca- l’otto novembre in una regione della Cina centrale. Abbiamo altresì notizia che nelle ore immediatamente seguenti si verificarono incidenti anche a Perth, in Australia, a Cancun, in un villaggio dell’Egitto meridionale, ad Arles in Francia, ad Anchorage in Alaska, a Quito ed a Khabarovsk in Siberia. Questi sono i primi dati certi e statisticamente significativi di cui disponiamo. Alcuni di questi eventi –ma non tutti- erano già iniziati alcuni giorni prima, ma le rilevazioni non ci dicono quali in quanto i fenomeni erano ancora ritenuti occasionali e non legati tra loro, come ancora si pensò per parecchi giorni.
Come potete notare si tratta di otto casi. E’ ragionevole ritenere che l’inizio di tutto sia da ascrivere ad uno di questi focolai ,e personalmente ritengo si tratti di Cancun anche se non ho prove in merito.
Nei giorni seguenti, con andamento a macchia di leopardo, ma con sempre maggiore intensità e frequenza, i focolai si sono moltiplicati, quasi esistesse una coscienza collettiva condivisa….Ad esempio sappiamo che già tre giorni dopo le ribellioni nel mondo erano diventate 34…
“E da tutto questo bel ragionamento cosa possiamo concludere” - interruppe con impazienza la solita donna.
“Purtroppo niente di buono –continuò impassibile il professore - Vede signora…”
“.Alicia Van De Bilt, delegazione olandese” – rispose lei
“..: vede signora Van De Bilt, se la mia teoria è giusta ne avremo prova entro un giorno o due al massimo. Perché credo che la ribellione in corso si sia inspiegabilmente diffusa con lo stesso schema della sequenza di Fibonacci; sono convinto che con un meccanismo analogo si siano sommati incidenti ad incidenti coinvolgendo sempre un maggio numero di persone in tutto il pianeta….
…mon Dieux…- esclamò l’ambasciatore Francese mentre un mormorio sommesso animava la sala attentissima.
Ma se così fosse – disse l’ambasciatore cubano – visto che gli abitanti del pianeta sono poco meno di otto miliardi……
…e che l’episodio iniziale, ricostruito a ritroso dai dati che ci ha mostrato, dovrebbe aver avuto inizio il primo giorno di novembre….-continuò un tecnico americano- adesso dovremmo essere intorno al…cinquantesimo grado della successione….quindi…
…saremmo incredibilmente vicini alla fine – continuò per lui il prof. Jacob –
ipotizzando che ogni evento compreso il primo, abbia avuto luogo tra pochissime persone, forse addirittura un solo individuo, giunti al grado attuale secondo la progressione di Fibonacci…. si è saturato il numero di abitanti del pianeta. Il cinquantesimo grado della sequenza ci porta al numero di 7.778.742.049 …
Tornando all’esempio della nostra conchiglia, dovremmo aver raggiunto oggi il “recinto” che delimita la fine della spirale.
Mentre pronunciava queste parole il rimbombo di una serie di potenti esplosioni giunse da lontano.
Tutti i presenti si alzarono quasi contemporaneamente ed avvicinandosi alle grandi vetrate cominciarono a vociare ed urlare, sino a generare un caos indescrivibile.
Il professore sorridendo si sedette, sentendo in cuor suo quasi la stessa soddisfazione che provava alla fine di una complessa dimostrazione alla lavagna per i suoi alunni; richiuse la sua cartella e si sedette sfogliando l’agendina settimanale.
Con mano tremante pose una grande X rossa su quel drammatico giorno.
Era il 21.12.2012

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