giovedì, 20 agosto 2009
L'ANGELO NECESSARIO - STEVEN WALLACE
Questa è una "soffiata" dell'amico Davide. Anche questo autore è da approfondire.
Tratto dalle note di Copertina - EINAUDI EDITORE
Sedentario dirigente di una delle massime compagnie di assicurazione americane, Wallace Stevens (Reading 2 OTTOBRE 1879 - Hartford 2 agosto 1955) si allontanò da Hartford nel Connecticut solo per viaggi di lavoro, qualche vacanza in Florida e rapide scappate nelle librerie e gallerie di New York. Ma già nel 1923 la sua prima raccolta poetica, "Harmonium", rivelò un poeta particolarissimo, insieme gelido e sensuale, dall'inarrivabile perfezione formale: un maestro non secondo a nessuno dei grandi coetanei Robert Frost, W. C. Williams, Ezra Pound e T. S. Eliot. I critici proposero via via le definizioni di dandy ironico, di neoromantico, di edonista o impressionista. Qualcuno confessò che già titoli quali "Il comico come lettera C", "Le monocle de mon oncle" e "L'imperatore del sorbetto" risultavano impenetrabili. Eppure l'inimitabile Stevens è via via diventato il poeta ame-ricano forse più influente, in patria e fuori, dello scorcio del Novecento, citato da romanzieri popolari quanto dai maggiori pensatori e creatori del postmoderno.
Alle nevrosi esistenziali delle avanguardie e alle loro forme lacerate (vedi "La terra desolata" di Eliot), Stevens oppone una poe-sia della coscienza come mondo, che si muove con tranquilla sicurezza alla scoperta della vita nella mente e della mente nella vita. Lo sguardo dell'habitué di Manhattan e del Waldorf Astoria ha la robustezza dei Padri Pellegrini che sbarcarono in Nuova Inghilterra nel 1620. Ha tuttavia rinunciato del tutto alle loro convinzioni religiose (ai contenuti, non ai modi), per fare una religione di se stesso: del sentire, del vedere e dell'essere. "Del mero essere" è infatti il titolo di quella che è forse l'ultima poesia dell'inesauribile libro stevensiano. Libro sacro e mondano in cui trovano posto canzonette ironiche accanto a pensosi poemi e a partecipi riflessioni sui grandi eventi di un secolo di guerre e rivoluzioni sociali. Il tutto tra-sformato da questo eccentrico della normalità, indistinguibile dai suoi connazionali della classe media, che però non scrisse mai una parola che non fosse assolutamente individuale. Un lento fuoco di ghiaccio.
Alle nevrosi esistenziali delle avanguardie e alle loro forme lacerate (vedi "La terra desolata" di Eliot), Stevens oppone una poe-sia della coscienza come mondo, che si muove con tranquilla sicurezza alla scoperta della vita nella mente e della mente nella vita. Lo sguardo dell'habitué di Manhattan e del Waldorf Astoria ha la robustezza dei Padri Pellegrini che sbarcarono in Nuova Inghilterra nel 1620. Ha tuttavia rinunciato del tutto alle loro convinzioni religiose (ai contenuti, non ai modi), per fare una religione di se stesso: del sentire, del vedere e dell'essere. "Del mero essere" è infatti il titolo di quella che è forse l'ultima poesia dell'inesauribile libro stevensiano. Libro sacro e mondano in cui trovano posto canzonette ironiche accanto a pensosi poemi e a partecipi riflessioni sui grandi eventi di un secolo di guerre e rivoluzioni sociali. Il tutto tra-sformato da questo eccentrico della normalità, indistinguibile dai suoi connazionali della classe media, che però non scrisse mai una parola che non fosse assolutamente individuale. Un lento fuoco di ghiaccio.
L’angelo necessario
intravisto un istante sulla soglia.
Non ho ala di cenere, né di oro stinto,
né tepore d'aureola mi riscalda.
Non mi seguono stelle in corteo,
in me racchiudo l'essere e il conoscere.
Sono uno come voi, e ciò che sono e so
per me come per voi è la stessa cosa.
Eppure, io sono l’angelo necessario della terra,
poiché chi vede me vede di nuovo
la terra, libera dai ceppi della mente, dura,
caparbia, e chi ascolta me ne ascolta il canto
monotono levarsi in liquide lentezze e affiorare
in sillabe d'acqua; come un significato
che si cerchi per ripetizioni, approssimando.
O forse io sono soltanto una figura a metà,
intravista un istante, un'invenzione della mente,
un'apparizione tanto lieve all'apparenza
che basta ch'io volga le spalle,
ed eccomi presto, troppo presto, scomparso?
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Ciao Marinella.
Hai trovato la mia creatura!
Grazie delle tue parole e benvenuta.
Carla
NATACARLA |
Ciao Carla, stamattina ho preso una poesia dal tuo sito e l'ho imserita in un post per la morte di Sara Scazzi. Spero nn ti dispiaccia, in caso contrario la tolgo subito
Grazie e ciao
Raffaele
Grazie e ciao
Raffaele
Nessun problema, Raffaele.
Non credo sia stata una delle mie: avrei in quel caso piacere che in calce ci fosse il mio nome.
Ma le altre, non mi appartengono.
Sono state scritte per chi ha voglia di leggerle e trovo bello che qualcuno, oltre a me, le voglia proporre.
E' una condivisione di emozioni.
Lasciami l'indirizzo del blog dove scrivi.
Ti leggerò con piacere.
Carla
Non credo sia stata una delle mie: avrei in quel caso piacere che in calce ci fosse il mio nome.
Ma le altre, non mi appartengono.
Sono state scritte per chi ha voglia di leggerle e trovo bello che qualcuno, oltre a me, le voglia proporre.
E' una condivisione di emozioni.
Lasciami l'indirizzo del blog dove scrivi.
Ti leggerò con piacere.
Carla
NATACARLA |
Ciao Carla, grazie di tutto. Raffaele
utente anonimo |
Marinella