domenica 20 novembre 2011

PRESENTAZIONE LIBRO: MI SPIACERA' MORIRE PER NON VEDERTI PIU' - ROBERTO PAZZI

martedì, 03 maggio 2011
PRESENTAZIONE LIBRO: MI SPIACERA' MORIRE PER NON VEDERTI PIU' - ROBERTO PAZZI
 
Dopo molto tempo, torno a trattare di un libro di non-poesia; è raro che lo faccia perchè è raro che ne legga. Se mi avvicino ad un testo in prosa, lo faccio per un unico buon motivo: mi sono già fatta l'idea di quello che troverò dentro ed i presupposti incontrano pienamente i miei gusti.
In questo caso ho seguito Roberto Pazzi di poesia in poesia col suo modo di far scivolare le parole sul foglio, trovando in tutte qualcosa che fa sorridere al mondo. Ma questo non è un momento di poesia: meglio interrompermi qui.
L'ho seguito, dicevo, in questo romanzo che ha pubblicato di recente; la storia in genere mi appassiona, specie se romanzata e poi quale occasione migliore di scoprire come scrive la prosa un poeta?
Così mi sono armata di matita ed ho iniziato a leggere e sottolineare i passaggi più poetici del libro e devo confessare di aver dovuto in più punti interromperne la lettura: troppo forti le emozioni che mi suscitava il libro oppure poca la mia capacità di contenerle. In entrambi i casi, ostinarsi nel continuarla avrebbe prodotto solo una conoscenza superficiale della trama. Non era questo che io volevo da quel libro; non era quello che il libro mi stava chiedendo o che meritava. Così dopo questo distaccarmi, pensarlo con nostalgia e ricongiungermi, adesso sono in grado di parlarvene.








Corbo Editore - Collana Isola Bianca


....mi spiacerà morire per non vederti più.... oltre ad essere il titolo dell'ultimo libro di Roberto, è anche il ritaglio di un pensiero, curiosamente identico, che viene formulato da due dei protagonisti, la nobile Ottavia ed il di lei padre Eusebio e riversato sul bel palafraniere Celeste.
Forse proprio per il contesto in cui è calato il romanzo o forse per l'antipatia immediata per uno dei personaggi ma nel leggere questo libro, mi sono dimenticata di quel contorno di tristezza che mi aveva attratta e che sembrava pervadere il libro, almeno a giudicarlo dal suo titolo, che poi rappresenta, assieme alla copertina, l'elemento catalizzatore del potenziale lettore. "E' proprio un romanzo; non una storia d'oggi, qualsiasi, nella quale ci si può immedesimare", è stato il mio pensiero, dopo le prime pagine del libro ed a quel punto, aprirlo è stato entrare in un altro mondo.
L'antipatico Eusebio Simmaco, patrizio romano, nasce per gioco, una fanfaronata, o forse una piega del tempo, che porta il nostro contemporaneo Ingegner Gregorio Eusebi ad imbastirne la storia, ambientata nel 590 d.c., età longobarda, delineandolo subito come una figura amorale e perversa, con la sua passione-ossessione per Celeste, nome scelto forse come simbolo di innocenza, che a sua volta ama invece la nobile Ottavia.
Così inizia a raccontare ad uno sconosciuto Carlo De Feo, compagno occasionale di tavolo, dei piccoli episodi, dei cammei, che poi rielabora durante il sogno. Carlo, dal canto suo è un personaggio ironico e solare ma anche enigmatico, con la sua misteriosa e dolorosa rottura con la fidanzata, il cui motivo viene lasciato alla libera interpretazione del lettore. Proprio lo scambio tra Carlo e Gregorio di un bacio conturbante ed inaspettato, segna l'inizio di un graduale cambiamento di Eusebio Simmaco. Appare molto più fragile di quello che ci sembrava e si inizia a guardarlo prima con indulgenza, poi con simpatia crescente fino ad arrivare ad amarlo incondizionatamente.
Ma il romanzo è di più. E' un confronto tra Cristianesimo, rappresentato da un neo eletto Papa Gregorio, e Ateismo ostentato da Eusebio, un confronto a tratti aspro, agli albori ancora stentati di una Chiesa che operava per diffondere il messaggio di Dio, anche tra i pagani, accettando onesti compromessi.
Mi ero ripromessa di leggere questo libro cercando nelle pagine quella poesia di cui so essere capace l'autore e non sono rimasta delusa, riempiendo la mia copia di annotazioni di pagine, sottolineature, rimandi, orecchie, biglietti di treni come segnalibri, a seconda del momento in cui mi immergevo nella sua lettura, lasciandola riposare nella mia borsa, in attesa di un momento di pausa.
Mi sono serbata l'ultimo capitolo del libro. L'ho solo sbirciato, per trattenere ancora per un poco quel piacere appagante della lettura che ho confessato d'aver trovato già nelle prime pagine.
"Mi spiacerà finirlo per non averlo da leggere più", insomma, ed arrivando alla parola Fine, mi mancheranno Eusebio, Gregorio e Celeste, Clefi, Teodolinda, Ottavia e Prisca e, dei giorni più recenti, Carlo ma ancora di più il Gregorio Eusebi dal nome e cognome emblematici, che sembra radunare in sé entrambi i due personaggi principali, le loro convinzioni, le debolezze, ma anche la loro grande coerenza morale, quel Gregorio che avvolge la storia e ce la consegna, uscendo di scena in punta di piedi, dopo la prima parte, lasciando i riflettori puntati sui suoi personaggi.
E adesso vado a scoprire come finisce la storia.

Con l'approvazione dell'autore ed il placet dell'editore, inserisco due stralci del libro.
Il primo non rivela niente della storia, essendo un brano molto descrittivo, ma anche molto poetico. Un Gregorio Eusebi passeggia a notte, con l'amico Carlo accanto, ognuno di loro perso dietro alle proprie idee. Ma a noi ci è dato conoscere solo quelle del primo.
Nel secondo i due protagonisti vengono nascosti dal frate diacono in un rifugio di fortuna e qui restano assieme tutta la notte, la loro prima notte assieme, preludio alle riflessioni del mattino dopo di Ottavia che danno corpo al titolo del libro.


    "Era una dolce notte d'agosto ancora calda, il cielo luminoso di stelle. Una luna, quasi piena, proprio in quel momento spuntava fra le montagne, nitida e bianca, e pareva la stessa di quando da bambino la osservavo, per veder iscritta nel suo disco una pallida faccia stupita.
    Era grande la bellezza dello spettacolo dall'alto del paese, sulla valle del Noce, sotto le stelle in vista di cime lontane, verso l'Ortles, perennemente innevate e ora, alla luce lunare,diventate macchie più chiare, contro il nero delle sottostanti foreste. I grilli più forte che mai cantavano in quell'aria sospesa, appena vinti dall'abbariare lontano dei cani. La terra, ancora tiepida del sole che l'aveva riscaldata tutto il giorno, restituiva il calore ma non più con la stessa intensità di qualche settimana prima. La corsa verso l'autunno era appena incominciata. E, con l'autunno, spuntava anche la riconsegna a tanti forzati doveri, ai solchi del binario di una vita..."
*****
" Ed erano proprio stanchi, Ottavia e Celeste. Appena entrati nel vasto ambiente pieno di cose accatastate, cercarono di sprimacciare e distendere, sul pavimento di terra battuta, due vecchi piviali di lana, rosi dalle tarme, per farsene un letto di fortuna.
    E vi si lasciarono crollare, vinti dalle emozioni delle ultime lunghissime ore. Senza più dire una parola, stretti l'uno all'altra, nella loro prima notte d'amore. Dimenticando a poco a poco dov'erano, da quali pericoli fuggivano, quel che incombeva sulle loro teste, sprofondando in quel che avevano da due anni sognato e che niente e nessuno poteva più impedire, nemmeno il rispetto per quel luogo sacro... E tutto quel che li minacciava - la vendetta del padre, la probabilità di dover fuggire ancora, l'estrema incertezza della sorte, i rischi di morte, i sensi di colpa - scomparve dissolto dalla felicità che li coglieva così all'improvviso, inesperti e impreparati. I gesti vennero da soli, spontanei, naturali, solleciti come le parole... Godendo l'uno dell'altro in vari modi, scoprendo come il corpo si apriva a sempre diverse emozioni, perfetto strumento di piacere. Non dormirono mai, quella notte, a tratti soltanto prendendo di nuovo energia da qualche tregua, per tornare a cercarsi e a perdersi nel piacere l'uno dell'altro. Solo all'alba, sfiniti, si addormentarono, ancora abbracciati."


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#1                                                                                                                   03 Maggio 2011 - 14:14
Ciao Carla,  ...eh sì, con una presentazione così vissuta, vien voglia di leggerlo questo libro.  Max
utente anonimo

#2  03 Maggio 2011 - 18:33

Bellissima recensione, Carla,  forse devi lasciare l'arte della poesia ed affrontare il mestiere di critica. Ci hai mai pensato?
ales
utente anonimo

#3  03 Maggio 2011 - 21:27

@ Max: credimi, me vale la pena. Magari ne parliamo....
@ Ales: Ahahahah.... grazie, ma non posso abbandonare la poesia e sai anche perchè, ma continuare a recensire qualche libro... perchè no?
Grazie ad entrambi del passaggio.
NATACARLA

 

#4  17 Luglio 2011 - 07:48

Vorrei segnalarvi che il libro di Roberto ha vinto il Premio Montale/Fuori di casa 2011 per la sezione narrattiva e proprio oggi ci sarà la premiazione a Sarzana.
Le mie congraturazioni all'autore.
Sono sicura che a questo riconoscimento ne seguiranno altri.

http://www.sarzana.org/manifestazioni/sconfinando/2011/evento_13/

NATACARLA



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