sabato 19 novembre 2011

STIRPE DI ISOLE - JUAN VICENTE PIQUERAS

giovedì, 18 marzo 2010
 
C'è un motivo se non ho più postato nessuna poesia di Vicente Piqueras.
Volevo fargli una sorpresa, inserire le letture delle sue poesie, ma non ho ancora trovato la ...solitudine giusta per farle.
E oggi ho riaperto il suo libro MELE DI MARE (che ha preso residenza nella mia borsa, insieme ad uno di Rilke) ed era là: diamante grezzo in mezzo ad altre pietre preziose.
Dal momento che il libro lo avevo letto tutto e già da tempo, sono arrivata alla conclusione che un libro di poesie non è come un romanzo: questo è più godibile quanto più speditamente lo leggi (per evitare di tornare indietro e cercare cosa aveva detto e chi...), ma per le poesie devi fare un grosso sforzo.
Devi trattenerne la lettura. Una, due poesie al massimo al giorno (come le medicine, avete presente?) non di più altrimenti non le apprezzi come meritano: qualcosa ti sfugge, sorvoli su alcuni versi, con la bocca ancora piena di altri che hai letto poco prima e che ti sono entrati dentro.
Deve essere stato questo quello che è successo, il mio alibi, la mia cenere sul capo...

Anche Juan scrive poesie introspettive, parlando al lettore indirettamente, ma coinvolgendolo nel suo dire.
La notte, ogni notte, ci promette e ci nega/ la strada del ritorno...
Possiamo dissentire o aderire a questa sua solitudine, ma è così comune nella vita di tanti di noi.

http://www.sicilyland.it/isoleAlicudiPanorama.jpg





STIRPE DI ISOLE

Ci prendono per navi e siamo isole.

Intricate, deserte, che tesori
possiamo offrire a quelli che non giungono?

La nostra costa è dura. Il nostro faro
di voce anzichè luce
non attira, spaventa
e nessun marinaio perduto nella notte
toccherà le spiagge nostre dove ancora
fanno male le orme di quel naufrago
che sapeva del nostro deserto.

La notte, ogni notte, ci promette e ci nega
la strada del ritorno, il tornaviaggio,
l'amore che ci salvi da noi stessi
e la parola che sia detta per sempre.

Ci sono in noi alberi senza nome
stanchi di far ombra e crescere da soli.

Coloro che non partono ma soffrono
di sete di scogliera, amano i porti,
salpano nel sonno, cercano un'altra sete
per appagare la prima, ci osservano,
ci vedono come navi, felici.
                                                  Siamo isole.



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#1  19 Marzo 2010 - 10:52

Finalmente una rappresentazione metaforica di quello che siamo i poeti:
"Ci prendono per navi, e siamo isole!"
Stupenda. Grazie Carla per averla pubblicata.
http://http://wwwnew.splinder.com/myblog/comment/reply/22424113?blog=natakarla.splinder.com
utente anonimo

#2  05 Giugno 2011 - 17:46

sono un ignorante pigro nel leggere, arrogante sempre fiero forte sicuro ma sensibile alla belleza di chi sa scrivere etoccare l'anima e riportarmi nel limbo da cui vengo.
siamo soli e moriremo soli l'amore e solo dentro di noi e non può essere codiviso ma solo regalato a coloro che non hanno la sensibilta di capire.
grazie alla persona che nmi fatto conoscere questo autore
utente anonimo

#3  05 Giugno 2011 - 19:39
Caro amico, siamo tutti ignoranti e anche un poco arroganti nelle nostre certezze. E' importante essere aperti a quelle degli altri; ognuno può regalarti una certezza diversa e più profonda.
Essere soli è una condizione normale. Non possediamo completamente un'altra persona (nè vorremmo essere posseduti da lei), ma possiamo circondarla del nostro amore, stando ben attenti a lasciare sempre una finestra aperta e la porta spalancata.
Grazie a te per la condivisione del tuo pensiero. Juan è un autore che amo molto e che sembra essere anche apprezzato fuori da qui.
Carla

NATACARLA 


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