venerdì 18 novembre 2011

A VOLTE SULLA SPONDA DELLA VIA - CAMILLO SBARBARO

lunedì, 16 novembre 2009
A VOLTE SULLA SPONDA DELLA VIA - CAMILLO SBARBARO

Avrei voluto ospitare un amico che scrive in maniera deliziosa, ma non ho ottenuto il suo permesso (non ancora almeno).
Tuttavia il suo modo di scrivere ricorda questo autore e così....se vi accontentate.....


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Camillo Sbarbaro (Santa Margherita Ligure 12.1.1888 - Savona 31.10.1967)
Poeta e prosatore. Lavorò in un'industria di Genova, partecipò alla prima guerra mondiale e, dopo essersi dedicato all'insegnamento, si ritirò a Spotorno per scrivere poesie e occuparsi dei licheni, di cui fu studioso di fama internazionale.
Resine (1911) segna l'esordio poetico. Collaboratore di La Voce e Lacerba, su cui pubblicò i primi versi, è una delle personalità più interessanti della cosiddetta 'scuola ligure', che riprese la poetica vociana del frammento e anticipò molti aspetti dell'ermetismo. I suoi scritti in prosa sono un correlativo della produzione in versi, a partire da Trucioli (1914-1918) (1920) e da Fuochi fatui (1956) fino a Scampoli (1960) e Cartoline in franchigia (1966).
Come la poesia, la prosa evoca l'estraneità del poeta dal mondo, disegnata con un linguaggio asciutto e con immagini sempre memori della sua Liguria, scabra e bruciata, di cui si ricorderà Eugenio Montale. Tra le sue altre opere in versi ricordiamo: Pianissimo (1914); Rimanenze (1955); Primizie (1958). Fu anche apprezzato traduttore dal greco, dall'inglese e dal francese.


http://farm4.static.flickr.com/3582/3369145961_c990df8601.jpg


A VOLTE SULLA SPONDA DELLA VIA


A volte sulla sponda della via
preso da un infinito scoramento
mi seggo; e dove vado mi domando,
perché cammino. E penso la mia morte
e mi vedo già steso nella bara
troppo stretta fantoccio inanimato...

Quant'albe nasceranno ancora al mondo
dopo di noi!
Di ciò che abbiam sofferto
di tutto ciò che in vita ebbimo a cuore
non rimarrà il più piccolo ricordo.
Le generazioni passan come
onde di fiume...
Una mortale pesantezza il cuore
m'opprime.

Inerte vorrei esser fatto
come qualche antichissima rovina
e guardare succedersi le ore,
e gli uomini mutare i passi, i cieli
all'alba colorirsi, scolorirsi
a sera... 




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