Ecco
il caso di una poesia che ad una prima lettura risulta essere poco
comprensibile, o almeno poco condivisibile, ma che con la conoscenza
dell'autore, della vita, anche se di Joaquim è davvero scarna, anche
cercando notizie nei blog in lingua portoghese.
Il sito Nuova Cidadania infatti lamenta:
Joaquim Paco d'Arcos è stato dimenticato, troppo dimenticato in un paese che frequentemente trascura la cultura dei propri valori. Da notare che l'insegnamento delle nostre scuole e università non aiuta.
Il
senso di angoscia è reso perfettamente, se non bastassero le parole, da
quel cotinuo ripetersi di negazioni, della congiunzione e che assume un
significato diverso da quella ermetica, in incipit, di Ungaretti.
Là
ci aspettava lo svolgimento di una idea, qui delle puntualizzazioni che
colpiscono e feriscono qualora, dentro chi legge, vi siano quelle stesse
paure.
Belford Joaquim Correia da Silva
(Paco d'Arcos) nacque a Lisbona il 14 giugno 1908, stessa città
dove morì il 10 giugno 1979. Scrittore di racconti e romanzi, autore
teatrale, nipote del primo conte di Paco d'Arcos e fratello di Enrico
Belfors Correa da Silva, secondo conte di Caxias, anch'egli
scrittore, ha vissuto in Mozambico Macao, al seguito del padre che
era Governatore coloniale. Successivamente impiegato come giornalista in
Brasile tra il 1928 ed 1930 e sei anni più tardi responsabile del
servizio stampa del Ministero degli Affari esteri, fino a tutto il 1960.
Poeta più volte premiato, è stato
molto popolare negli anni '40 e '50 e uno degli scrittori portoghesi
del Novecento più tradotti all'estero.
Tuttavia, con la sua morte è stato
praticamente dimenticato.
Le sue poesie sono ricomprese nel libro
Poemas Imperfeitos (1952).
TERRORE
Terrore non è la paura dei Pirati sul Rio Giallo,
Né dei tifoni in mare.
Non è il timore delle schioppettate nella notte,
Nel fiume gremito di giunche e d'inganni;
Né lo spavento degli inforcati,
Al biancore lunare,
Nei rami dei manghi della Sabbia Nera.
Terrore non è l'orrore della guerra,
né della fame, né della peste,
Né delle piaghe dei lebbrosi
nell'isola di S. Giovanni;
Non è sospetto
Della morte che aspetta
Continuamente,
E ci prenderà.
Non è terrore il contagio della tristezza
Quando la sera irrompe
E insanguina l'orizzonte
Il mare di acqua melmosa,
Le terre e il cielo,
Finché l'isole son portate via dall'ombra
E le montagne dallo scuro,
E niente più resta se non il buio,
E i gridi che attraversano la notte,
Giungono non sai donde,
E vanno chissà dove.
Non è paura degli agguati
Né dei pugnali,
Né dei baci rossi che ingannano
E succhiano la vita...
Terrore è questo pensiero che tu parta
E mi lasci solo.
Né dei tifoni in mare.
Non è il timore delle schioppettate nella notte,
Nel fiume gremito di giunche e d'inganni;
Né lo spavento degli inforcati,
Al biancore lunare,
Nei rami dei manghi della Sabbia Nera.
Terrore non è l'orrore della guerra,
né della fame, né della peste,
Né delle piaghe dei lebbrosi
nell'isola di S. Giovanni;
Non è sospetto
Della morte che aspetta
Continuamente,
E ci prenderà.
Non è terrore il contagio della tristezza
Quando la sera irrompe
E insanguina l'orizzonte
Il mare di acqua melmosa,
Le terre e il cielo,
Finché l'isole son portate via dall'ombra
E le montagne dallo scuro,
E niente più resta se non il buio,
E i gridi che attraversano la notte,
Giungono non sai donde,
E vanno chissà dove.
Non è paura degli agguati
Né dei pugnali,
Né dei baci rossi che ingannano
E succhiano la vita...
Terrore è questo pensiero che tu parta
E mi lasci solo.
MEDO
Medo não é temor dos piratas no Rio de Oeste
nem dos tufões no mar.
Não é receio dos tiros, pela noite,
No rio povoado de lorchas e traições;
nem o susto dos enforcados,
Ao luar branco,
No mangal da Areia Preta.
Medo não é terror da guerra,
nem da fome, nem do cólera,
Nem das chagas dos leprosos
na Ilha de S. João:
Não é suspeita
De que a morte espreita,
Continuadamente,
E nos levará.
Medo não é contágio da tristeza
Quando a tarde tomba
E o ocaso ensaguenta
O mar de água barrenta,
As terras e o céu,
Até as ilhas serem tragadas pelo negrume
E as montanhas pelo escuro,
E nada restar senão a treva
E os gritos que atravessam a noite,
Vindos não sei donde,
Para não sei onde.
Medo não é temor das ciladas
Nem dos punhais,
Nem dos beijos vermelhos que enganam
e sorvem lentamente as vidas …
Medo é este pavor de que tu partas
E me deixes só
Nella traduzione italiana si avverte un che di retorico che manca completamente nella versione in lingua originale, forse per il tono più suadente del portoghese,e "medo" è sicuramente meno forte di terrore, forse la traduzione più esatta è paura.
RispondiEliminaHo avuto la stessa impressione tua, cercandone il testo in lingua.
EliminaI traduttori automatici in effetti restituivano la parola "paura", ma penso che il traduttore di cui ignoro l'identità abbia voluto sottolineare proprio il panico che voleva trasmettere Joaquim.
Non ho notizie della madre. Io lo immagino bambino, in luoghi così diversi dalla sua casa, circondato da persone che non conoscono la sua lingua.
Quando il padre, suo punto di riferimento, si allontanava, il pensiero che non tornasse più deve averlo ossessionato per molto tempo. Anche questa è una poesia d'amore; non è forse quello che muove il poeta? Io però l'ho interpretata così.
Certi che siamo proprio fissati, noi due con le traduzioni....
Grazie tes.