sabato 26 novembre 2011

1861 - SAVERIO CRISTIANI

lunedì, 17 ottobre 2011
 
E adesso un racconto per spezzare un pò la monotonia ( ! ) delle poesie. Non è un racconto qualunque;  anche se qui l'autore ha abbandonato i suoi periodi poetici, privilegiando uno stile un poco noir.
Quanti si ritrovano nei panni del "ragazzo coi capelli ricci", quante volte abbiamo annaspato dietro  ad una domanda che esigeva una e solo una risposta; ci siamo sentiti diversi forse ed era diversa l'insegnante, ansiosa di rivalersi sui troppi "Zitti ragazzi", adesso che lei aveva la penna in mano con cui scrivere sul suo registro quanto eri andato male, quanto bene, in quella prova orale?
Io trovo realistico il suo stile narrativo, ma della mia stessa opinione devono essere stati quei giudici di concorso che hanno assegnato a questo racconto una menzione speciale.
Un gradito ritorno.




1861


- Questa la so !–pensava il ragazzo coi riccioli in fronte in piedi accanto alla lavagna.
La professoressa aveva un’espressione quasi divertita dietro le lenti panciute, ma con la biro ticchettava nervosamente sul piano della cattedra a sottolineare l’atteggiamento di impaziente attesa.
Si indubbiamente la domanda era proprio facile, doveva solo raccapezzarsi un momento, togliersi dalla testa il fastidioso brusio che non lo abbandonava mai quando era a scuola ed avrebbe finalmente dato almeno quella maledetta risposta.
La classe sonnecchiava dietro di lui, l’interrogazione era iniziata già da dieci minuti ma si era capito subito che sarebbe finita come le altre volte: con un impreparato sul registro inevitabilmente trasformato poi in un pesantissimo due in pagella. E allora a casa sarebbero iniziati i dolori. Respinse in una segreta della sua mente l’eventualità e cercò di concentrarsi sulla richiesta dell’insegnante. Dalla finestra al secondo piano della scuola, i tetti delle case a valle gli sembravano tutti uguali, della stessa tonalità sporca di marrone che però ben faceva risaltare l’azzurro del cielo in lontananza. Nel blu qualche macchia nera impazzita, le rondini di ritorno dall’inverno, lo distrasse rammentandogli che la primavera coi suoi colori era alle porte…
- Allora Giacomo…? – disse l’insegnante interrompendo i suoi pensieri
- Ah….ecco, si , ehm….allora….- rispose lui
- Ma la sai o no….?
- Si professoressa è che sto cercando di, si insomma, di ricordare bene,,,,un momento…. ecco si, allora l’unità Italia è avvenuta nel …1945
Un boato di risate lo sommerse come un’onda; rivolgendosi irato verso i compagni di classe si sentì arrossire in volto. Maledetti stupidi, cosa avrebbe potuto mai aspettarsi da loro, sempre così diligenti. Solo la sua Nora, seduta al secondo banco, era rimasta seria e lo osservava stupita facendo impercettibilmente segno di no col capo: lui la guardò distrattamente, ansioso com’era di fare bella figura con la professoressa, poi tentò un disperato recupero in extremis
- …no…volevo dire…. nel 1947..
Lo schiamazzo fu ancora più grande; c’era chi si batteva la mano sulle cosce dal ridere, e chi amplificava la risposta parlando a voce alta col compagno scimmiottando la voce dell’interrogato. L’insegnante cercò di porre fine a quel bailamme battendo con violenza più volte il pugno sulla cattedra. Quando il silenzio fu tornato lo guardò e senza alcuna espressione sul viso gli disse freddamente
- Puoi andare al tuo posto - mentre la mano armata di matita si muoveva implacabilmente sul registro.
Il ragazzo dai capelli ricci si trascinò verso il banco e si sedette con la testa tra le mani, pensando alla reazione della madre, a casa, quando avrebbe riferito l’esito dell’interrogazione. Sapeva già che sarebbe scoppiata a piangere, gli avrebbe rinfacciato tutti i sacrifici che aveva sostenuto per mandarlo a scuola, come aveva fatto con i suoi fratelli in precedenza; ed a lui non sarebbe rimasto altro da fare che annuire a testa bassa cercando di farsi passare al più presto il malessere che andava montando. Avrebbe voluto dirle di smettere di piangere, che l’amava come nessun altra cosa al mondo e che avrebbe cercato di fare qualsiasi cosa pur di non vederla infelice; si, tutto tranne studiare, tutto purchè qualsiasi cosa fosse fatta all’aperto, al sole, o con la pioggia, ma fuori, coi polmoni pieni d’aria e le mani impegnate a montare, smontare, picchiare battere o manipolare. A fare.
Giacomo era perso nei suoi pensieri e dai banchi accanto proveniva ancora qualche risolino di scherno, ma lui non ci faceva caso; squillò la campanella ad annunciare la ricreazione e vide avvicinarsi un drappello di compagni guidati dal solito gradasso, l’odioso biondo dell’ultimo banco, dalla corporatura imponente.
- Ehilà Giacomino, andata maluccio oggi l’interrogazione eh….?-iniziarono a deriderlo
- Dai lasciatemi perdere – rispose lui sconsolato
- Che ti succede, paura che mammina ti faccia la bua….? Ah ah ah
Il ragazzo non ci vide più dalla rabbia; si scagliò contro il più vicino e cominciò a tempestarlo di pugni e calci. Ma l’altro, il bestione grande e grosso, superata la sorpresa iniziale di essere stato colpito fece valere la sua maggiore altezza, ed i suoi compari gli diedero man forte; ben presto Giacomo si trovò al centro di una gragnuola di colpi che gli arrivavano da tutte le parti. Nella concitazione del momento, annebbiato dal dolore per le botte ricevute, riuscì a distinguere solo Nora che interveniva a difenderlo con le unghie e cercava di colpire gli assalitori; poi, a sua volta centrata da un pugno in volto, cadere rovinosamente sul banco sbattendo la testa contro uno spigolo della cattedra. L’ultima immagine che vide fu quella del primo assalitore che, con un labbro sanguinante, impugnando il piede metallico di una sedia, prima di calargliela sulla testa, gli diceva
- Adesso ti ci mando io a fare la nanna…
Poi fu il buio


La pala meccanica continua il suo avanti e indietro sbuffando fumo nero, ed erodendo lentamente ma con voracità il grande mucchio di ghiaia. I camion arrivano, si fermano accanto alla macchina e quando sono carichi il manovratore, con un gesto del capo che gli scuote i riccioli dalla fronte, fa loro segno di andare; è subito il turno di un altro camion e così via. Alla fine della giornata l’uomo scende con un balzo dall’abitacolo e accelerando il passo abbandona la macchina fumando una sigaretta; giunto alla baracca si toglie la tuta ed indossato il giubbotto di jeans si avvia lungo la strada che lo porterà a casa.
Nora lo aspetta in cucina, spignattando tra le casseruole.
- Allora tesoro, com’è andata oggi?
- Come al solito, amore mio, come al solito – risponde lui annusando l’aria che sa di buono.
Lei lo guarda con amore, e trascinandosi con fatica la gamba offesa gli si avvicina per abbracciarlo, poi torna ai fornelli.
Mentre poco dopo Giacomo sente la polvere scivolargli addosso sotto al getto della doccia ripensa alla moglie, alla sua menomazione così devastante, ed a quel maledetto giorno a scuola quando tutto aveva avuto inizio; rammenta bene la sensazione di smarrimento ed il senso di colpa quando qualche giorno dopo gli avevano detto che in seguito all’incidente in classe Nora avrebbe perso l’uso di una gamba.
La vita di uno zoppo non è priva di insidie, prime fra tutte quelle nella propria testa; e l’uomo lo sa bene, l’ha sempre saputo sin dal primo momento in cui le aveva chiesto di sposarlo, appena finita la scuola.
Gli occhi della ragazza ridevano di gioia quel giorno, ma lei abbassava continuamente lo sguardo quasi vergognandosi di essere stata richiesta in sposa; e facendolo e si toccava senza rendersene conto la coscia morta.
Ancora oggi lui la rivede entrare in chiesa, bella e luminosa come una stella, con l’abito bianco a nasconderla sino ai piedi; e a rammentare quel passo trascinato e incerto tra i banchi gremiti gli si stringe il cuore.
Poi però un pensiero gli allevia la pesantezza d’animo: ripensa alla cava, ai grandi mucchi di ghiaia che ha ereditato dal suocero e che da dieci anni gestisce con profitto. L’estensione del terreno è grande, e solo lui conosce bene ogni singola asperità ogni lotto dove andare a scavare, identificato con una targhetta numerata inchiodata su di un paletto; così come conosce i punti ai quali è meglio stare lontano.
Ricorda ancora bene quello esatto dove fece scomparire la prima auto. Pochi colpi di benna dell’escavatore ben calibrati e la buca era pronta a ricevere la piccola utilitaria con il suo conducente, ormai quasi cadavere a bordo.
Mentre rinveniva, il biondino massiccio aveva avuto il tempo di guardarlo un’ultima volta dall’abitacolo della vettura in fondo alla buca; ma la prima bennata di massi sul tetto aveva spento ogni speranza da quegli occhi terrorizzati. E l’uomo dai capelli ricci si era sentito improvvisamente più leggero, quasi si fosse tolto quelle pietre dal cuore.
Certo c’era voluto tempo a ritrovare anche il resto della banda, ma uno dopo l’altro erano tutti finiti là sotto, a farsi compagnia da buoni compagni di classe in attesa del suono di una nuova campanella a liberarli.
E tutti sepolti sotto al lotto contrassegnato dalla targhetta col numero 1861.



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#1  19 Ottobre 2011 - 13:22
E' sempre un onore essere ospitato su queste pagine, sopratutto con un racconto anzichè la "solita" poesia. Un ringraziamento sentito quindi a Carla il cui blog è ormai un porto sicuro cui approdare per trovare ospitalità, vecchi amici, novità.....
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#2  19 Ottobre 2011 - 14:59
Ho lasciato passare così tanto tempo dall'ultimo inserimento di un tuo scritto perchè aspettavo una poesia,  che non è arrivata. Ma forse forse.... Qui le belle penne sono sempre le benvenute.
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#3  20 Ottobre 2011 - 03:07
Disperatamente banale; mi ricorda come scrivevo io, quando scrivevo,preciso, pulito, sempre con "la sorpresa finale" . Non filtrano emozioni, neppure una.
Ales
utente anonimo

#4  20 Ottobre 2011 - 21:17
Ales, per te lo straordinario è ordinario, quindi è normale che trovi questa prosa "precisa, pulita...".
Le emozioni, secondo me, sono appositamente soppresse dall'autore, come quando fissa negli occhi il biondino, l'ultimo dei responsabili dell'invalidità della sua Nora, per la quale affiora l'altro sentimento forte presente del racconto.  D'altra parte può averne altri un pluriomicida?
Ma vale sempre il detto: "De gustibus non est disputandum"; non posso  avere il gusto uguale a tutti. So già - è già capitato - che posso deludere qualcuno, ed entusiasmare altri.
Grazie del tuo passaggio.
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#5  21 Ottobre 2011 - 18:51
Io direi piuttosto che per me l' ordinario è straordinario.
Per il resto nessuna delusione, la letteratura è un campo così vasto e vario che c' è spazio per tutti, pensa, anche per me!
D' altronde , non ricordo più quale grande scrittore non sopportava l' Ulisse
di Joyce ( neanche io, tranne il soliloquio di Molly Bloom), e La Recherche di Proust (  estenuante ma suprema).
Quindi massima libertà di scrittura e di pubblicazione.
Anche di critica

Ciao, ciao

Ales
utente anonimo

#6  22 Ottobre 2011 - 18:01
Io penso che la prosa del brano, secca, essenziale, cruda, renda efficacemente il senso di una storia che parla di amore ma soprattutto  di vite desolate, di disperazione, di  tragedie.
Complimenti all'autore.
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#7  23 Ottobre 2011 - 13:05
Ciao Iraida e benvenuta.
Concordo con quello che hai  detto sul modo in cui è stato scrillo il racconto.
La consapevolezza e la soddisfazione del protagonista di aver raggiunto la vita che sognava, accanto alla donna che sognava, è offuscata dal ricordo dell'incidente che l'ha sfiorata apparentemente senza lasciare traccie, se non fisiche.
C'è una forte differenza tra il ragazzo che lascia volare lo sguardo assieme alle rondini, allontanandolo dall'aula e da una scuola noiosa (la classe sonnecchiante, il ticchettare nervoso della biro dell'insegnante, la sua espressione divertita, compiaciuta quasi per essere riuscita a mettere in difficoltà "quel ragazzaccio che è sempre con la testa fra le nuvole". Questo nel testo non c'è, ma non vi sembra di sentirglielo dire?) e l'uomo freddo,  che sostiene lo sguardo terrorizzato della sua vittima e che subito dopo riesce a sostenere e ricambiare quello pieno d'amore di sua moglie.
Insomma, io ci trovo personaggi meditati nel loro vivere in un brevissimo racconto,  accennati con pennellate precise che disegnano personalità e scopi.
Grazie, cara amica per avermi dato modo di rileggere e trovare nuove chiavi di lettura.


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#8  23 Ottobre 2011 - 13:08
Concordo pienamente con il tuo diritto di critica,  Alessandro - e lo sai - ma ne lasci un poco anche a me??? Se vuoi ne riparliamo.
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#9  23 Ottobre 2011 - 16:42
Beh, il mondo è bello perchè pèrchè è vario .....:)
Accetto la critica dell'anonimo Ales, ha probabilmente ragione riguardo all'emozione che non traspare dal racconto. Tuttavia era ben lungi da me voler emozionare in un racconto del genere, non introspettivo (non più di tanto almeno), diciamo più cronaca che sentimento.
Altresì riconosco a Carla e Iraida di aver riconosciuto quello che è il fil rouge del racconto, cioè il cambiamento. Il protagonista non è più lo stesso, ha raggiunto il suo scopo (la vita tra macchine e motori, mai rinchiuso in uffici o fabbriche) e sposato la donna che ha sempre amato. Inoltre ha coronato il suo sogno di vendetta. cosa altro potrebbe chiedere alla vita?
Notazione finale sul riconoscimento avuto: la giuria di un concorso (non dirò quale) ha assegnato a "1861" un premio  speciale come miglior racconto storico inedito (intendendo come storico il riferimento all'unità di'italia).
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#10  23 Ottobre 2011 - 19:17
Sei il solito avaro di notizie. Questo non me lo avevi detto.
Comunque, lieta di aver saputo leggere correttamente tra le tue righe.
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#11  27 Ottobre 2011 - 20:51
Bellissimo! Anche se la fine dei cattivi mi suscita pena...
utente anonimo

#12  27 Ottobre 2011 - 20:52
Ina :-)
utente anonimo

#13  27 Ottobre 2011 - 22:03
In questo Saverio è un autore "cattivo". Sa creare personaggi malvagi e..... credibili (anche più di questo).
Ciao di nuovo, Ina, buonanotte.
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#14  28 Ottobre 2011 - 12:49
Per cominciare, un saluto a tutti quanti.
A me il racconto non è spiaciuto per niente, anzi.
Mi ricorda un po' "LA CADILLAC DI DOLAN" racconto, non il film, di Stephen King, ovviamente mutatis mutandis...
Ho trovato un po' strano che l'atto di bullismo sia stato consumato su uno che secchione non è per niente: di solito sono i primi della classe ad essere presi di mira perché gli ultimi, di per sé, non fanno sentire inferiore il bullo (che inferiore a tutti, per definizione, è!).
Il racconto perè, è carino e scorrevole e i finali a sorpresa a me piacciono.
Ciao a tutti.

Diego

utente anonimo

#15  28 Ottobre 2011 - 19:07
Hei...ma allora ci vuole un Saverio per stanare un Diego...
Bentornato, amico mio;  non ti perdere.
Carla
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#16  02 Novembre 2011 - 14:48
Onoratissimo di aver stanato Diego. Adesso aspettiamo qualcosa anche da lui però eh...
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#17  02 Novembre 2011 - 19:13
Sfondi una porta aperta. Sobbillalo anche tu, per favore....
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