domenica 20 novembre 2011

UN OSPITE - IDEA VILARINO

lunedì, 02 agosto 2010
UN OSPITE  - IDEA VILARINO

Mario Benedetti scrive di lei: "il segreto della trasmissione delle poesie di Idea Vilariño, oltre alla qualita' letteraria sta sulla peculiare sincerita', straziante, espressa senza spettacolarita', senza fronzoli e soprattutto senza autogiustificazioni".).
Quali parole più lusinghiere si  potrebbero spendere per descrivere una vita?
E mi trova d'accordo sul suo modo di scrivere.
Non ci sono metafore, nè strani giri di parole.
I sentimenti delle sue poesie sono cose "intime, realizzate per nulla e per nessuno"  e per questo raccontati, o meglio confessati per togliersi un peso opprimente, con la semplicità della confidenza e la freschezza di un animo bambino.


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Su Idea ho trovato in rete dei post bellissimi, segno della grandezza del personaggio che ha ispirato i curatori dei vari siti.
Poeta, saggista, traduttrice, nacque nel 1920 a Montevideo  e lì è morta il 29 Aprile del 2009.
Apparteneva alla Generazione del '45, come Mario Benedetti di cui era amica e Juan Carlos Onetti con cui intrecciò una passione, attingendone ispirazione .

“Mi sono innamorata dell’ultima persona di cui avrei dovuto… eravamo fatti di una materia impossibile di legare. Non ha mai capito l’abc della mia vita, non mi ha mai capito come essere umano, come persona…. Ancora mi chiedo perchè ho sopportato tanto, perché sono tornata sempre. (…) Una notte mi chiamò, disperato, chiedendomi che andassi da lui. Io ero con qualcuno che mi amava e lo lasciai per andare a passare una notte con lui. E ricordo che l’unica cosa che abbiamo fatto è stato quella di metterci schiena contro schiena, a leggere un libro, lui il suo, io un altro. Il mattino dopo lo presi dalla testa e gli dissi: sei un asino, Onetti, sei un cane, una bestia. E me ne sono andata”.

Ad Onetti saranno dedicate tutte le sue poesie d'amore.
E quando lui fu imprigionato dalla dittatura militare e trattato alla stregua di uno squilibrato mentale. All’uscita di quell’inferno, lo aspettava Idea. “Siamo rimasti da soli, in silenzio. Zitti. Ma io non sono più quella di allora; qualcosa ho imparato; qualcosa mi ha insegnato la memoria; perché ho sempre lamentato non avere avuto più carattere per trattarlo prima. O forse è la differenza tra l’essere e il non essere innamorata.- Moriremo senza imparare a parlarci?, domandai. – È stato sempre difficile per me, disse. Ti ricordi quella volta in cui sei arrivata, dopo tanto tempo, e siamo stati venti, trenta minuti senza parlare, seduti, io nel letto e tu sulla sedia? Mi hai sempre creato soggezione, disse lui. – Anche tu, risposi. Una volta mi hai detto che non potevi né mangiare né fare l’amore con me. – Sì, disse ancora. E mi guardava, a momenti, poi girava la testa, si mordeva il labbro, con un’espressione di impotenza, di disperazione. … La prima volta che entrai nella tua sala, al museo, mi è sembrato d’impazzire. Non ho mai capito cosa mi stesse succedendo, ma ero pazzo di te. – Non me l’hai mai detto. – Non ho mai capito quel desiderio di possesso, quell’ansia di dominio. Non ti lasciavo andare a fare lezioni, è vero. Non potevo sopportarlo. E non si trattava di desiderio, ma di questa orribile tenerezza che sento per te”.



Paul Cézanne - Il Tavolo di cucina - Olio su tela


UN OSPITE


Non sei mio
non sei
nella mia vita
al mio fianco
non mangi alla mia tavola
ne' ridi ne' canti
ne' vivi per me.

Siamo estranei
tu e me stessa
e la mia casa.

Sei un estraneo
un ospite
che non cerca che non vuole
piu' che un letto
a volte.


Che ci posso fare
se non cedertelo
ma io vivo da sola.




Un huésped

No sos mío
no estás
en mi vida
a mi lado
no comés en mi mesa
ni reís ni cantás
ni vivís para mí.

Somos ajenos
túy yo misma
y mi casa.

Sos un extraño
un huésped
que no busca no quiere
más que una cama
a veces.

Qué puedo hacer
cedértela
pero yo vivo sola.


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