sabato 26 novembre 2011

ULTIMA LETTERA - TED HUGHES

giovedì, 06 ottobre 2011
ULTIMA LETTERA - TED HUGHES
 
Vi lascio una lettura lunga ed importante per molti versi.
Anche se si prova una istintiva diffidenza nei conffronti dell'uomo, del marito di quella Sylvia Plath suicida, ispiratore di tante sue poesie. Il Ted infedele, distruttore di gran parte dei suoi diari  e , forse di un'ultima lettera. Leggendo la biografia di Sylvia, a lui va tutta la nostra antipatia.
Ma la vita è complessa e complicata ed il ruolo del cattivo soggetto non si addice ad un poeta  e Ted è stato uno dei Poeti Laureati d'Inghilterra,  e allora?
Allora vale la pena, io credo, di scavare dentro la sua vita, perchè se si è in due, gli errori si compiono in due; inconsapevolmente, inconsciamente per mancanza di dialogo, per non saper esternare i propri bisogni proprio con la persona che dovrebbe capire di più.
E la lettera - ci dice - fu Sylvia stessa a distruggerla,  forse sorpresa da una sua visita improvvisa. Ma aleggiano quelle parole non lette, tanto da fargli scrivere un testo dentro cui legare il suo dolore, forse anche per il suicidio della donna con cui si era legato dopo Sylvia.
Il testo è stato ritrovato da poco, tra le sue carte. Sono rimasta perplessa nel leggere questo verso:
La mia Susan dellarobbia.
Ho pensato ad un errore nella traduzione, ma poi in rete ho trovato questa spiegazione:
"Non è facile capire cosa intenda; presumibilmente è un riferimento ad un lavoro di Luca o Andrea della Robbia, scultori del Rinascimento fiorentino, e questo implica che Susan era una figura di dolcezza e calma in confronto a Sylvia e Assia, che la poesia paragona a "due aghi pazzo" ricamare "il loro tatuaggio sanguinosa / Da qualche parte dietro il mio ombelico ... che attraversano i loro punti di sutura, / Selezione tra i miei nervi / per i loro colori. "




Edward James Hughes, conosciuto come Ted, naque a Mytholmroyd, Yorkshire, il 17 agosto del 1930, è condiserato uno dei maggiori poeti della sua generazione, uno dei "poeti di Cambridge", gruppo legato alla rivista Delta, ed è stato Poeta Laureato d'Inghilterra dal 1984 fino alla sua morte, avvenuta a Devon il 28 ottobre 1998.
Crebbe tra le fattorie e le colline dello Yorkshire, sempre assieme a suo fratello maggiore  Gerald, grande affabulatore che, come sua madre, gli raccontava delle storie avventurose e di caccia.
Ma nel 1937 la famiglia si trasferisce a Mexborought  per gestire una edicola con rivendita di tabacchi che il padre acquista grazie ad una piccola somma ereditata dalla moglie. Il fratello resta a lavorare come guardiacaccia nel Devon e successivamente, sposandosi, si trasferirà in Australia.
Questo distacco sarà motivo di dolore per il piccolo Ted. Nella cittadina di Mexborought, Ted inizia la sua avventura scolastica, dimostrando una passione per la lettura.  Nella biblioteca della scuola trova molti racconti di avventura, molto simili a quelli del fratello, che inizia a scriverne lui stesso.
Proseguendo negli studi,  ha la fortuna di incontrare ottimi insegnanti, che riescono a potenziare le sue doti. Sua sorella Olwyn, maggiore di due anni ma con un gusto poetico molto affinato, lo inizierà alla poesia.
La madre condivide la passione dei figli, ed acquista diversi libri di poesie di autori inglesi; è così che Ted legge le poesie di quel Kipling di cui aveva letto con entusiasmo il Libro della Giungla.  In questo periodo la poesia per Ted diventa più importante delle altre  sua passioni ed inizia a scrivere dei poemi sul giornalino della scuola, venendo a contatto anche con lal poesia di Yeats, di Eliot, di Dylan Thomas, di Lawrence.
Nel 1948 sarà ammesso al Pembroke College di Cambridge  dove studia Letteratura inglese, ma è deluso dai programmi e dai metodi di studio, quindi abbandona il corso di letteratura, per iscriversi ad antropologia e archeologia e, dopo due anni di leva militare sotto la RAF nell' East Yorkshire, potrà iniziare l'Università.
Dopo aver conseguito la laurea, Ted non ha ancora nessun progetto per il suo futuro; desidera solo continuare a scrivere poesie ed impegnarsi in una qualche attività che lo avvicini alla natura.
Si trasferisce a Londra, presso un amico dove svolgerà diversi tipi di lavori per potersi mantenere . Frequenta le riunioni di un gruppo di poeti, ma continua a recarsi nella biblioteca di Cambridge per studiare e ritrovare i suoi vecchi amici che frequentano il vecchio ritrovo dell'"Anchor". Qui incontra il poeta americano Lucas Myers che gli farà conoscere gli scritti di altri poeti americani contemporanei.
Il suo incontro con Sylvia Plath sarà nel febbraio del 1956, e dopo soli quattro mesi, impulsivamente e con la presenza della sola madre della donna, si sposarono in una piccola chiesetta a Bloomsbury.
L'anno successivo Sylvia lo spinge a partecipare ad un concorso di poesia.  Ottiene i  primi consensi e da qui inizierà a costruire la sua carriera.
Il loro matrimonio non durerà; Sylvia già sopravvissuta a due tentativi di suicidio prima del loro incontro, non riesce a sopportare la vita monotona della campagna dove si erano trasferiti e la gelosia nei confronti del marito - che si era invaghito della moglie del poeta canadese  e vicino di casa David Wevill e con la quale aveva iniziato una relazione  - lo caccia di casa, tornando a Londra dove, dopo un intenso periodo poetico, si suicida.
Dopo un analogo periodo di convivenza, anche Assia si suicida, convolgendo in questa follia la piccola Shura di quattro anni, loro figlia.
Nell'agosto del 1970, Hughes sposò Carol Orchard, un'infermiera. Rimasero insieme fino alla morte di lui, avvenuta il 28 ottobre 1998. Ricevette l'Order of Merit dalla regina Elisabetta II del Regno Unito poco prima della sua morte.
Io credo che di qualunque peccato sia sia macchiato, Ted ha pagato ampiamente qui, in terra.


Lettera Ultimo Ted Hughes 'a Sylvia Plath ha pubblicato per la prima volta

ULTIMA LETTERA



Che cosa successe quella notte? La tua ultima notte.
Doppia, tripla esposizione
A tutto. Nel tardo pomeriggio, venerdì,
Ti vidi viva per l'ultima volta.
Mentre bruciavi la lettera che mi avevi scritto, nel portacenere,
Con quel sorriso strano. Se avessi rovinato il tuo piano?
Se mi avesse sorpreso prima di quando tu ti proponevi?
Se fossi corso da te troppo presto?
Un'ora dopo – saresti andata
Dove non avrei potuto più raggiungerti.
Mi sarei allontanato dalla tua porta rossa chiusa
Che nessuno avrebbe aperto
Con ancora in mano la tua lettera,
Un fulmine che non poteva scaricarsi a terra.
Quella sarebbe stata una cura di elettroshock
Per me.
Ripetuta più e più volte, per tutto il weekend
Ogni volta che la leggevo, o ci pensavo.
Avrebbe cambiato il mio cervello, e la mia vita.
La cura che avevi programmato aveva bisogno di tempo.
Non riesco a immaginare
Come avrei vissuto quel weekend.
Non riesco a immaginare. Avevi previsto tutto?
La tua nota mi ha raggiunto troppo presto - lo stesso giorno,
Venerdì pomeriggio, spedita al mattino.
Demoni potenti l'hanno accelerata.
Questo è stato un altro dettaglio sfortunato
Tratto contro di te da parte dell'Ufficio Postale
E aggiunto al tuo carico. Mi sono mosso velocemente,
Attraverso il crepuscolo di Londra, azzurrino di neve a febbraio.
Ho pianto di sollievo quando hai aperto la porta.
Una folla di enigmi risolti. Lacrime precoci
Che non hanno saputo spiegarmi, non hanno saputo divulgare
La loro importanza reale. Ma che cosa hai detto
Sui resti fumanti di quella lettera
Annientata così accuratamente, così tranquillamente,
Per fare in modo che io ti liberassi, e ti lasciassi
A soffiar via le sue ceneri dal tuo piano – via dal portacenere
Che avresti usato per farmi leggere
Il numero di telefono del dottore.
La mia fuga
Era diventata una cosa così maledetta
Insonne, senza speranza, tutti i suoi sogni esausti,
Volevo solo essere catturato di nuovo, volevo
Solo cadere, dal suo vuoto.
Due giorni di nulla sospeso. Due giorni gratis.
Due giorni in nessun calendario, ma rubati
A nessun mondo,
Al di là della realtà, del sentimento, o di un nome.
La mia vita amorosa ci si è afferrata.
La mia intorpidita vita amorosa
Con i suoi due aghi pazzi,
Intenti a ricamare le loro rose, bucando e tirando
I loro nastri, il loro sanguinoso tatuaggio
Da qualche parte dietro al mio ombelico,
Ricamando un intrico di blasoni,
Due aghi pazzi, incrociano i loro punti,
Scegliendo i loro colori
Tra i miei nervi, mi ridisegnano
Dentro la mia pelle, ognuno ridisegna l'altro
Con le loro auto-caricature,
Il loro ossessivo dentro e fuori. Due donne
Ciascuna con il suo ago.
Quella notte
La mia Susan dellarobbia. Mi mossi
Con la circospezione
Della fiamma sulla miccia. Tutta la mia furia
Era un tentativo abbandonato di far saltare
Il vecchio globo in cui ombre si chinavano
Sulle mie tracce di cenere, rivelatrici. Sono corso
Via, rivolto all'indietro, un film al contrario,
Verso cosa? Siamo andati a Rugby
Street
Dove io e te ci siamo messi insieme.
Perché siamo andati lì? Tra tutti i posti
Perché siamo andati lì? Perversità
Nell'arte del nostro destino
Raffinatamente calibrata per te, per me
E per Susan. Il solitario
Giocato dal Minotauro
di quel labirinto
Includeva anche Helen, nell'appartamento al piano terra.
L'avevi notata - la ragazza per una storia.
Non l'hai mai incontrata. Pochi la incontravano,
Tranne che tramite le orecchie e la maschera delirante
Del suo alsaziano. Non l'hai nemmeno intravista.
Eri solo indietreggiata
Quando il suo animale impazzito si schiantava di peso
Contro la porta, mentre passavamo lungo il corridoio;
E l'hai sentito soffocare di un infinito odio tedesco.
Quella domenica notte è stata più socievole, si è aperta
Per i pochi centimetri a lei consentiti.
Susan salutò gli occhi neri, l'infelice
Sovrappeso, bel viso, che spuntavano
Attraverso la piccola catena. La porta si chiuse.
L'abbiamo sentita consolare il suo carceriere
Nella sua cella, la sua cuccia, dove, giorni dopo,
Ha gassato il suo kapo feroce, e se stessa.
Susan e io passammo quella notte
Nel nostro letto di nozze. Non lo vedevo
Da quando ci giacemmo il giorno del nostro matrimonio.
Non l'ho riportata nel mio letto.
Ho pensato, finito il tuo weekend,
Saresti potuta apparire - una visita a sorpresa.
Sei apparsa, bussando alla mia finestra buia?
Così sono rimasto con Susan, nascondendomi da te,
Nel nostro letto nuziale - lo stessa da cui
Tre anni dopo l'avrebbero portata alla sua morte
In questo stesso ospedale in cui, dodici ore dopo,
Ti avrei trovata morta.
Lunedì mattina
L'ho accompagnata al lavoro, nella City,
Poi ho parcheggiato a nord di Euston Road
E sono tornato dove il mio telefono attendeva.
Ciò che successe quella notte, nelle tue ore,
È ignoto, come se non fosse mai accaduto.
Che accumulazione di tutta la tua vita,
Come uno sforzo inconscio, come una nascita
Spingendo lentamente attraverso la membrana di ogni secondo
Verso il successivo, sia accaduta
Solo come se non potesse accadere,
Come se non stesse accadendo. Quante volte
Squillò il telefono nella mia stanza vuota,
Hai sentito lo squillo nel ricevitore -
Alle due estremità la memoria che svanisce
Di un telefono che squilla, in un cervello
Come già morto. Conto
Quante volte avrai camminato fino alla cabina telefonica
In fondo alla terrazza di Saint George.
Sei lì ogni volta che ci guardo, svolti l'angolo
Di Fitzroy Road, attraversi
Tra i mucchi di zucchero sporco.
Nel tuo lungo cappotto nero,
Con la treccia arrotolata dietro la testa
Cammini incapace di muoverti, o svegliarti, e sei
Già nessuno che cammina
Che cammina lungo le ringhiere di Primrose Hill
Verso la cabina telefonica che non può mai essere raggiunta.
Prima di mezzanotte. Dopo mezzanotte. Ancora.
Ancora. Ancora. E, verso l'alba, ancora.
A quale posizione delle lancette sul mio orologio
Il tuo ultimo tentativo,
Già ben oltre
La mia possibilità di udirlo, scosse il cuscino
Di quel letto vuoto? Un ultimo
Tocco leggero ai miei libri, e alle mie carte?
Quando arrivai lì, il mio telefono era addormentato.
Il cuscino innocente. La mia stanza dormiva,
Già sfiorata dalla luce innevata del mattino.
Ho acceso il fuoco. Ho tirato fuori le mie carte.
E avevo iniziato a scrivere quando il telefono
Sobbalzò, suonando allarmato,
Ricordando tutto. Si riprese nella mia mano.
Poi una voce come un'arma di precisione
Oppure un'iniezione misurata,
Consegnò freddamente le sue quattro parole
Al fondo del mio orecchio: 'Sua moglie è morta.'







Last Letter



What happened that night? Your final night.
Double, treble exposure
Over everything. Late afternoon, Friday,
My last sight of you alive.
Burning your letter to me, in the ashtray,
With that strange smile. Had I bungled your plan?
Had it surprised me sooner than you purposed?
Had I rushed it back to you too promptly?
One hour later--- you would have been gone
Where I could not have traced you.
I would have turned from your locked red door
That nobody would open
Still holding your letter,
A thunderbolt that could not earth itself.
That would have been electric shock treatment
For me.
Repeated over and over, all weekend.
As often as I read it, or thought of it.
That would have remade my brains, and my life.
The treatment that you planned needed some time.
I cannot imagine
How I would have got through that weekend.
I cannot imagine. Had you plotted it all?

Your note reached me too soon---that same day,
Friday afternoon, posted in the morning.
The prevalent devils expedited it.
That was one more stroke of ill-luck
Drawn against you by the Post Office
And added to your load. I moved fast,
Through the snow-blue, February, London twilight.
Wept with relief when you opened the door.
A huddle of riddles in solution. Precocious tears
That failed to interpret to me, failed to divulge
Their real import. But what did you say
Over the smoking shards of that letter
So carefully annihilated, so calmly,
That let me release you, and leave you
To blow its ashes off your plan---off the ashtray
Against which you would lean for me to read
The Doctor’s phone number.
My escape
Had become such a hunted thing
Sleepless, hopeless, all its dreams exhausted,
Only wanting to be recaptured, only
Wanting to drop out of its vacuum.
Two days of dangling nothing. Two days gratis.
Two days in no calendar, but stolen
From no world.Beyond actuality, feeling, or name.

My love-life grabbed it.
My numbered love-life
With its mad needles,
Embroidering their rose, piercing and tugging
At their tapestry, their bloody tattoo
Somewhere behind my navel.
Treading that morass of emblazon
Two mad needles, criss-crossing their stitches,
Selecting among my nerves
For their colours, refashioning me
Inside my own skin, each refashioning the other
With their self-caricatures.

Their obsessed in and out. Two women
Each with her needle.

That night
My dellarobbia Susan. I moved
With the circumspection
Of a flame in a fuse. My whole fury
Was an abandoned effort to blow up
The old globe where shadows bent over
My telltale track of ashes, I raced
From and from, face backwards, a film reversed,
Towards what? We went to Rugby St
Where you and I began.
Why did we go there? Of all places
Why did we go there? Perversity
In the artistry of our fate
Adjusted its refinements for you, for me
And for Susan. Solitaire
Played by the Minotaur of that maze
Even included Helen, in the ground-floor flat.
You had noted her---a girl for a story.
You never met her.Few ever met her,
Except across the ears and raving mask
Of her Alsatian. You had not even glimpsed her.
You had only recoiled
When her demented animal crashed its weight
Against her door, as we slipped through the hallway;
And heard it choking on infinite German hatred.

That Sunday night she eased her door open
Its few permitted inches.
Susan greeted the black eyes, the unhappy
Overweight, lovely face, that peeped out
Across the little chain. The door closed.
We heard her consoling her jailor
Inside its cell, its kennel, where, days later,
She gassed her ferocious kupo, and herself.

Susan and I spent that night
In our wedding bed. I had not seen it
Since we lay there on our wedding day.
I did not take her back to my own bed.
It had occurred to me, your weekend over,
You might appear---a surprise visitation.
Did you appear, to tap at my dark window?
So I stayed with Susan, hiding from you,
In our own wedding bed---the same from which
Within three years she would be taken to die
In that same hospital where, within twelve hours,
I would find you dead.

Monday morning
I drove her to work, in the City,
Then I parked my van North of Euston Road
And returned to where my telephone waited.

What happened that night, inside your hours,
Is as unknown as if it never happened.
What accumulation of your whole life,
Like effort unconscious, like birth
Pushing through the membrane of each slow second
Into the next, happened
Only as if it could not happen.
As if it was not happening. How often
Did the phone ring there in my empty room,
You hearing the ring in your receiver---
At both ends the fading memory
Of a ringing telephone, in a brain
As if already dead. I count
How often you walked to the phone-booth
At the bottom of St George’s terrace.
You are there whenever I look, just turning
Out of Fitzroy Road, crossing over
Between the heaped up banks of dirty sugar.
In your long black coat,
With your plait coiled up at the back of your hair
You walk unable to move, or wake, and are
Already nobody walking.
Walking by the railings under Primrose Hill
Towards the phone booth that can never be reached.
Before midnight. After midnight. Again.
Again. Again. And, near dawn, again.

At what position of the hands on my watch-face
Did your last attempt,
Already deeply past
My being able to hear it, shake the pillow
Of that empty bed? A last time
Lightly touch at my books, and my papers?
By the time I got there my phone was asleep.
The pillow innocent. My room slept,
Already filled with the snowlit morning light.
I lit my fire. I had got out my papers.
And I had started to write when the telephone
Jerked awake, in a jabbering alarm,
Remembering everything. It recovered in my hand.
Then a voice like a selected weapon
Or a measured injection,
Coolly delivered its four words
Deep into my ear: ‘Your wife is dead.’


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