giovedì 8 dicembre 2011

SIAMO ATTACCATI..... - GIUSTINO CHEMELLO

Qualche giorno fa ho pranzato fuori con mia figlia maggiore, intavolando una stuzzicante discussione su poesia ed immagine. Convenendo essere entrambe forme di arte, arte intesa come fonte di emozioni,  le abbiamo messe in parallelo considerando due forme di immagini:  la pittura e la fotografia. Tenete presente che sono solo interpretazioni emozionali e non tecniche, forse condivisibili, o forse no.

Che la pittura trasmetta emozione, è un dato di fatto. Si può perdere la cognizione del tempo davanti ad un quadro ed anche chi non sa di tecniche e combinazioni di colori ma ha uno sguardo attento all'insieme, riesce comunque ad esprimere il proprio apprezzamento non solo per la bellezza, ma anche per l'emozione che trasmette il pittore. Questo produce con una sua opera: interpreta per noi una emozione. Nei ritratti per esempio, o nelle nature morte, è il pittore che decide cosa e come ritrarre, cioè il tipo di frutta o di fiore e se questi deveno essere contornati dalle proprie foglie o meno,  fresche perchè appena colte oppure secche e raggrinzite. Questo è mettere una propria visione di come deve essere il vaso o il cesto, secondo il momento che sta vivendo il pittore, la sua ispirazione. Analogamente, nei quadri dei santi e beati, lo sfondo, le espressioni di quelle figure di contorno, come le posture delle mani, la direzione degli sguardi, le bocche aperte o chiuse, i colori usati, in tutti questi elementi c'è la fede dell'autore oppure il suo agnosticismo.
La fotografia, invece ha la proprietà di ritrarre  l'emozione in un momento reale. Se non è stata preparata in uno studio di posa, quando allora riprende quelle caratteristiche interpretative del pittore, ma è una foto di cronaca, come per esempio quelle epiche: l'uomo che precipita dalle Twin Tower, il bambino con le mani alzate del ghetto di Varsavia, la bambina nuda ed ustionata dal Napalm, per esempio, oppure di paesaggi, queste non hanno modo di essere piegate al volere del fotografo: sono. E il suo autore trasmette empaticamente l'emozione stessa.
La poesia (e qualche prosa estremamente poetica), costringe chi la scrive non a dare una propria interpretazione statica dell'emozione come fa il pittore: il quadro è quello che abbiamo di fronte e noi guardiamo con i suoi occhi; possiamo restarne ammaliati oppure respinti, e neppure ad effettuare una sua descrizione, non almeno ai nostri giorni. La poesia di oggi, matura ed adulta, deve evocare in chi legge, una smorfia del viso, un rumore, un paesaggio,  una ruvidezza o il loro opposto con le sole parole ed i silenzi (non dimentichiamo i silenzi: la parte forse più importante del detto del poeta, il suo respiro e sospiro), da combinare tra loro in un puzzle infinito per combinazioni e forme, come se il suo pubblico fosse cieco.
Ma il poeta ha una sua visione quando scrive. Ha un ricordo (o più di uno), un sorriso o un tramonto che, assieme, hanno dato origine al suo testo.
Trovare questa visione interiore del poeta, questa sua chiave, è una sfida che si ripropone ad ogni nuova lettura.
Io credo che  Giustino con il suo libro foto-poetico (Perchè tanta assenza di te non è più possibile, lo ricodavate?), abbia voluto ricreare delle immagini fantasmiche comuni a vari autori ed abbia accostato vari  versi creando un legame indissolubile tra questi e le immagini proposte, sempre molto evocative e tattili.
Ho faticato a scegliere un nuovo grappolo di versi dal libro; le immagini mi colpiscono tutte.
Di questa ho apprezzato la prospettiva (se mai incontrassi l'autore, mi farò fare un corso fotografico accellerato), il tappeto che proviene da chissà dove e sembra non avere una fine, disteso su una piazza assurdamente vuota. Le due figure (raramente Giustino ne ritrae molte di più) che si muovono su un piano sottolineato, aereo e sembrano essere indifferenti a quello che le circonda; anche lo scenario che hanno alle spalle, monotono e alveolare, sottolinea le loro solitudini.
Felice quindi la scelta delle parole che completano le due pagine del libro in questione.
Forse quelle che preferisco oggi - e questo mi porta ad una ultima riflessione a post ormai ultimato e cioè che forse le scelte che si fanno non sono mai casuali  -  sono quelle del primo verso, che mi piace isolare qui:

Siamo attaccati agli esseri e alle cose con legami così fragili
che si spezzano, spesso, a nostra insaputa.







Siamo attaccati agli esseri e alle cose con legami così fragili
che si spezzano, spesso, a nostra insaputa.

Così viviamo per dir sempre addio.

Ho commesso il peggiore dei peccati
che possa commettere un uomo. Non sono stato
felice.

Diceva: il mio cuore ti aspetta.


3 commenti:

  1. "Perchè tanta assenza di te non è più possibile..."
    è un verso che mi richiama alla mente un altro verso, non ricordo più di quale poeta,
    "... una tenerezza quasi impossibile da sopportare".
    Chemello è ,tra l' altro, un fotografo eccezionale: le sue foto sono un porto sicuro nel diluvio di immagini che ci affligge.

    RispondiElimina
  2. Il poeta in questione è Alexandre O'Neill, anche se ho potuto leggere poco più del nome, della nazionalità (spagnola) e del fatto che è stato tradotto da Joyce Lussu. Ma questo tu lo sai.
    E' comunque un autore da approfondire. Ti sono grata di avermi indicato questa strada. Vedi che è come ti ho detto più volte? E' la poesia che viene da me, non sono io a cercarla.
    Ed il libro di Giustino è una miniera di voci e di nomi e non so come ho fatto a meritarla.

    RispondiElimina
  3. Mi correggo: O'Neill (1984 - 1986) è portoghese....scusate.

    RispondiElimina