Torniamo un po' indietro nel tempo e risciacquiamo i panni in Arno, come novelli Manzoni.
Rivisitiamo  il tanto e recentemente bistrattato Dante. Senza entrare nella polemica  che si è innestata sulla sua Divina Commedia, ritengo che gli autori  della provocazione a suo danno si siano procurata fin troppa visibilità,  e trovo davvero molto stupido analizzare  un'opera estraendola dal suo  contesto  storico, e delirante affermare che i versi Dante siano “pieni di luoghi comuni”. Dal momento che lui è il punto d'origine della lingua italiana, i cosiddetti luoghi comuni, semmai, sono arrivati tutti DOPO.
Non  sono mai stata una amante di Alighieri ai tempi della scuola, ma a lume  di naso, direi che prima di cercare di distruggerlo, ci si dovrebbe  soffermare a considerazioni su come mai sia più conosciuto col suo nome  piuttosto che col  cognome, o perchè quella sua opera sia stata studiata  e tradotta in quasi ogni lingua conosciuta e occupato tanta parte dei  suoi giorni da esule. 
La sua opera intera meriterebbe una valutazione più attenta da parte di chi dovrebbere fare dell'intelligere quando legge, piuttosto di emettere giudizi sponsorizzati. 
Beatrice:  si dice sia stata la figlia di Folco Portinari da Portico di Romagna  che si trasferì a Firenze, in una casa vicina a quella di Dante.  
Si dice che fu vista dal poeta per la prima volta quando aveva nove anni e  lui diciotto. Si dice che non le parlò mai.
Quella Beatrice (detta Bice) era nata nel 1266 andò in sposa al banchiere Simone dei Bardi nel 1287  e morì nel 1290.
A lei è dedicata la poesia che propongo.  
Durante  di Alighiero degli Alighieri, conosciuto con il più ipocoristico Dante o  anche come “il sommo poeta”, era nato a Firenze in una data compresa  tra il 22 maggio ed il 13 di giugno del  1265, se vogliamo cogliere i  segni che l'autore stesso ha lasciato nei suoi scritti. Sicura invece la  data del suo battesimo: 26 marzo 1266, giorno in cui, con una solenne  cerimonia collettiva, vennero portati al fonte battesimale tutti i nati  dell'anno.
Ovviamente   Poeta, scrittore e politico, padre della lingua italiana e della  Divina Commedia (in origine titolata solo Commedia), UNIVERSALMENTE  considerata come la più grande opera scritta in un italiano ancora  nascente, dato che a quei tempi la lingua scritta era ancora il latino, "uno dei più grandi capolavori della letteratura mondiale" (Harold Bloom, Il Canone occidentale. I libri e le scuole delle età (in inglese).
La sua vita è stata ricostruita attraverso documenti superstiti o conservati presso altre città.
La  madre era Bella (Gabriella) degli Abati, importante famiglia ghibellina  morì molto presto, all'epoca dei cinque o sei anni (o forse dieci) del  piccolo Dante che comunque non ne parlerà mai, ma che forse è  all'origine della sua idealizzazione della donna.  
Il  padre era Alighiero di Bellincione, un guelfo senza ambizioni  politiche, che manteneva dignitosamente la famiglia facendo il  cambiavalute e questo gli consentì di restare a Firenze dopo la  battaglia di Montaperti vinta dai ghibellini; alla morte di Bella, si  unisce a Lapa di Chiarissimo Cialuffi da cui avrà altri due (forse tre)  figli. Muore precocemente, nel 1283, quando Dante aveva solo 17 anni,  lasciandolo solo a sostenere la famiglia.  
Però  già dai dodici anni del figlio, secondo gli usi dei tempi, concordò il  suo futuro coniugale con un Instrumentum dotis, una sorta di  fidanzamento ufficiale garantito con un atto notarile, con Gemma Donati.  Dante la  sposerà a vent'anni e da lei avrà tre figli: Jacopo, Pietro e  Antonia, che divenne monaca prendendo il nome di Sorella Beatrice nel  Convento delle Olivetane a Ravenna. Si dice avesse anche un figlio di  nome Giovanni: compare in certi atti conservati a Lucca e datati 21  ottobre 1308, un certo "Iohannes filius Dantis Aligherii de Florentia".
Si  iscrisse all'Arte dei Medici e Speziali per poter avere vita attiva  nella Repubblica: fu nel Consiglio del popolo, nel gruppo dei Savi che  riformarono le norme per l'elezione dei Priori, nel Consiglio dei Cento,  Priore stesso  e ambasciatore.  
E proprio durante una sua ambasceria a Roma presso Bonifacio VIII, Carlo di Volois, inviato dal Papa stesso a Firenze,  col pretesto di alcuni disordini a Firenze nomina Podestà di Firenze tale Cante Gabrielli.
Questi, avversario politico  di Dante, inizia a perseguitare i guelfi bianchi fino alla loro  uccisione o all'esilio. La casa di Dante viene  saccheggiata, il suo  operato oggetto di inchiesta. Trattenuto dal Papa, Dante non può  giustificarsi e la condanna viene tramutata in condanna a morte  i beni  confiscati: non rivedrà mai più la sua Firenze.  
Troverà  rifugio presso diverse corti e famiglie dell'Italia  centro-settentrionale, tra cui anche gli Ordelaffi di Forlì con cui  progetta dei colpi di mano per  rientrare a Firenze che però falliranno e  Dante inizia a scrivere la sua Commedia alla quale lavorerà per tutta  la vita.
Gli verrà offerta dal Papa nel 1314 la possibilità di tornare, ma le condizioni sono troppo umilianti e rifiuta: «Non  è questa, padre mio, la via del mio ritorno in patria, ma se prima da  voi e poi da altri non se ne trovi un'altra che non deroghi all'onore e  alla dignità di Dante, l'accetterò a passi non lenti e se per nessuna  siffatta s'entra a Firenze, a Firenze non entrerò mai. Né certo mancherà  il pane».  
Nel  1319 viene invitato a Ravenna da Guido Novello da Polenta, Signore  della città, che due anni più tardi lo invierà come Ambasciatore a  Venezia, al tempo in attrito con Ravenna e alleata con Forlì, per  appianare le divergenze, in virtù della sua amicizia con i Signori di  quest'ultima città.  
Rientrato  a Ravenna da quella missione, e passando dalle Valli di Comacchio,  prende la malaria e muore a 56 anni, in seguito a un attacco di febbre  nella notte tra il 23 e il 24 settembre 1321.
Una  leggenda popolare narra che Dante avesse una memoria eccezionale: un  signore a lui sconosciuto lo avrebbe fermato in Piazza del Duomo  chiedendogli: 
«Qual è il cibo più buono del mondo?».
«L'ovo», avrebbe risposto Dante.
Un anno dopo, nella stessa piazza, lo stesso signore rincontrandolo gli chiede ancora:
«Con cosa? (intendendo con quale condimento)»
«Col sale». rispose Dante.
«Qual è il cibo più buono del mondo?».
«L'ovo», avrebbe risposto Dante.
Un anno dopo, nella stessa piazza, lo stesso signore rincontrandolo gli chiede ancora:
«Con cosa? (intendendo con quale condimento)»
«Col sale». rispose Dante.
Incontro tra Dante Alighieri e Beatrice Portinari lungo le rive dell'Arno
Henry Holiday - olio su tela 1883, Walker Art Gallery.
UN DI' SI VENNE A ME MALINCONIA
Un dì si venne a me Malinconia
e disse: "Io voglio un poco stare teco";
e parve a me ch’ella menasse seco
Dolore e Ira per sua compagnia.
E io le dissi: "Partiti, va via";
ed ella mi rispose come un greco:
e ragionando a grande agio meco,
guardai e vidi Amore, che venia
vestito di novo d’un drappo nero,
e nel suo capo portava un cappello;
e certo lacrimava pur di vero.
Ed eo li dissi: "Che hai, cattivello?".
Ed el rispose: "Eo ho guai e pensero,
ché nostra donna mor, dolce fratello".


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